# 8 / 2016
26.07.2016

Sì a una gestione efficiente delle risorse, no all’iniziativa «Economia verde»

Strumenti inappropriati per il territorio nazionale

Costi economici sproporzionati

Per attuare l’iniziativa la Confederazione dovrebbe interferire nel sistema economico attraverso misure incisive di pianificazione economica. Questo porterebbe dunque a una riduzione dei consumi, a un repentino cambiamento strutturale con effetti negativi sull’occupazione e, di conseguenza, costi economici sproporzionati.

Fissare arbitrariamente delle quote ostacolerebbe un’economia circolare ottimale

L’idea dei promotori dell’iniziativa di aumentare l’economia a ciclo chiuso fino a portarla ai massimi livelli anche nella vita di tutti i giorni è irrealistica, sia dal punto di vista economico che ambientale. In molti casi far rientrare nei processi di produzione i rifiuti è piuttosto complicato, non soltanto a causa dei limiti tecnici. Quando si fissano arbitrariamente delle quote, ossia si cerca di portare il riciclaggio ai massimi livelli invece di ottimizzarlo, le spese che ne derivano aumentano in maniera esponenziale. Lo smaltimento dei RAEE ne è un esempio calzante. In Svizzera oltre il 70% delle materie prime contenute nei RAEE conferiti per il riciclaggio rientrano nel ciclo economico. Nessun altro Paese al mondo raggiunge una percentuale di riciclaggio così elevata. Per estrarre le materie prime dai RAEE è necessario ricorrere a diversi processi. Alcune materie prime possono essere recuperate direttamente dai singoli componenti, in altri casi invece i materiali devono essere prima sottoposti a processi complessi. Uno smartphone, ad esempio, contiene oltre 60 metalli diversi, in parte presenti soltanto nell’intensità dei microelementi o sotto forma di leghe diverse. Quando è possibile e sensato questi metalli vengono già estratti e riutilizzati. Tuttavia, se fosse presente una normativa statale che impone di separare il più possibile queste materie prime, per ottenere anche delle quantità minime di metalli sarebbe necessario ricorrere a tecnologie costose e che risulterebbero dannose per l’ambiente, perché impiegano temperature o pressioni particolarmente elevate o richiedono l’impiego di acidi o altre sostanze. Queste operazioni, oltre a essere antieconomiche, sono soprattutto dannose per l’ambiente, perché le risorse ambientali necessarie per separare e trattare i materiali da riciclare sono maggiori rispetto alle risorse risparmiate attraverso il riciclaggio stesso. In altre parole, anche utilizzando processi ad alta efficienza dal punto di vista ambientale le risorse naturali utilizzate sarebbero maggiori rispetto ai guadagni ottenuti in termini ecologici. 

Grafico 2

Non sempre è sensato dal punto di vista ambientale riciclare completamente un prodotto. 

Rappresentazione complessiva dei profitti, dei costi e dei guadagni dal punto di vista ambientale in base alla percentuale di riciclaggio.

I costi della burocrazia

L’iniziativa dei Verdi vuole obbligare la Confederazione a dettare regolamentazioni sui processi produttivi e i prodotti. Prescrizioni apparentemente semplici potrebbero stabilire requisiti praticamente impossibili da soddisfare. L’introduzione di disposizioni estreme per la messa in commercio dei prodotti provocherebbe costi elevati e una burocrazia immensa per l’economia (pag.1702), anche a causa degli obblighi di diligenza e di informazione.

Gli incentivi statali provocano più danni che benefici

Nel settore ambientale esistono numerosi consulenti privati ed operatori privati che verificano l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e a livello energetico delle aziende, suggeriscono misure adeguate da attuare e le aiutano a implementarle. Un’eventuale promozione da parte dello Stato di singoli operatori di servizi creerebbe una disparità di trattamento. I bandi di concorso, invece, costringono i singoli privati a dipendere dalle casse dello Stato e allontanano gli operatori indipendenti. Neppure le misure statali di commercializzazione dei beni e dei servizi sono una soluzione praticabile, perché costose e perché forzano il mercato. Gli incentivi statali, quindi, seppure elaborati con buone intenzioni finiscono per provocare più danni che benefici, perché gli attori o le tecnologie che ricevono queste sovvenzioni non hanno la possibilità di diventare o restare competitivi sul mercato.