Finanziamento dell'esercito: pericolosa proposta del Consiglio degli Stati
L’essenziale in breve:
- La proposta della Commissione delle finanze del Consiglio degli Stati, che rimette in discussione l’impiego del gettito dell’imposizione minima per il finanziamento dell’esercito, è insolita e discutibile.
- Si scontra con una decisione popolare incontestata presa appena nel 2023, basata su un compromesso tra Confederazione e Cantoni.
- I Cantoni economicamente forti hanno una grande responsabilità per la prosperità e il gettito fiscale della Svizzera. Privarli delle risorse necessarie è pericoloso.
Le Commissioni delle finanze del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati hanno terminato le discussioni preliminari sul preventivo 2025 e sul piano finanziario 2026-2028 della Confederazione. Entrambe puntano a un aumento significativo delle spese per l’esercito e avanzano proposte per il loro finanziamento. Mentre la Commissione delle finanze del Consiglio nazionale prevede di iniziare con la riallocazione di fondi dalla cooperazione internazionale e dai settori propri della Confederazione, la Commissione delle finanze del Consiglio degli Stati propone un complesso concetto di compensazione. Tra le misure, una dovrebbe anche tradursi in entrate aggiuntive per la Confederazione: la revisione delle disposizioni relative al gettito dell’imposizione minima dell'OCSE.
La Commissione delle finanze desidera adattare una ripartizione delle entrate ampiamente accettata
Come promemoria: l'OCSE ha deciso un'imposta minima del 15% sugli utili dei grandi gruppi d’imprese internazionali, che è entrata in vigore nel 2024. L'introduzione dell’imposizione minima in Svizzera ha richiesto una modifica della Costituzione federale, che il popolo svizzero ha approvato nel giugno 2023 con il 78,5% di voti favorevoli. La modifica della Costituzione è stata contestata soprattutto su un punto, vale a dire la distribuzione del gettito supplementare. Il Consiglio federale e tutti i Cantoni hanno concordato la seguente chiave di ripartizione: il 25% delle entrate sarebbe andato alla Confederazione e il 75% ai Cantoni. Dopo un acceso dibattito, anche il Parlamento ha approvato questa soluzione. Un'ampia maggioranza di elettori ha accettato questa soluzione, che è stata inserita nella Costituzione federale sotto forma di una disposizione transitoria.
Nell'ambito dell'attuale dibattito sulle finanze federali, la Commissione delle finanze del Consiglio degli Stati rimette in discussione questa soluzione. La Commissione chiede in effetti al Consiglio federale di presentare al Parlamento, nel 2025, un progetto di legge che adegui la ripartizione del gettito al 50/50. La Confederazione riceverebbe quindi una quota maggiore del gettito dell’imposizione minima, che dovrebbe utilizzare per finanziare l'esercito. Dal canto loro, i Cantoni riceverebbero una quota minore del gettito. L'approccio della Commissione delle finanze è insolito e discutibile.
Sei ragioni per non adeguare la ripartizione delle entrate
In primo luogo, la nuova disposizione costituzionale stabilisce che il Consiglio federale debba presentare al Parlamento un progetto di legge sull’imposizione minima sei anni dopo l'entrata in vigore dell'imposta. Si tratta di una scadenza ragionevole, in quanto l'imposizione minima è completamente nuova e occorre acquisire esperienza prima che le norme provvisorie, attualmente sotto forma di ordinanza, possano essere trasposte in una legge federale. Le imprese interessate stanno integrando l’imposizione minima nei loro sistemi, il che è estremamente impegnativo. Le prime imposte saranno versate nel 2026. L'importo è del tutto sconosciuto: circolano solo stime secondo cui, dalle ultime indicazioni del Consiglio federale, potrebbero essere comprese tra 1,5 e 3,5 miliardi di franchi. Si tratta di una forbice molto ampia. Non ha senso discutere una legge separata per la distribuzione delle entrate senza avere un'idea concreta del loro ammontare e della loro evoluzione, almeno per i primi anni. Le entrate dipendono da diversi parametri. Uno dei più importanti è la reazione dei Cantoni all’imposizione minima.
In secondo luogo, sono i Cantoni, e non la Confederazione, a dover trovare una soluzione al deterioramento della situazione fiscale causato dall’imposizione minima. La Confederazione e i Cantoni hanno deciso in tal senso. La Confederazione non adotterà alcuna misura per compensare la diminuzione dell'attrattività della Svizzera dovuta al deterioramento delle condizioni fiscali. Per quanto la Costituzione federale stabilisca che la Confederazione deve destinare la sua quota del 25% del gettito alla promozione della piazza economica svizzera, nella pratica il Consiglio federale non lo fa, o al massimo in modo puramente declamatorio, spiegando che intende utilizzare i fondi «per la trasformazione digitale dell'amministrazione pubblica, la decarbonizzazione delle imprese e il finanziamento della crescita nell’ambito dell'istruzione, della ricerca e dell'innovazione» - compiti che erano comunque previsti e che ora il Consiglio federale intende finanziare con il gettito generato dall’imposizione minima. In altre parole, la vera promozione economica spetterà ai Cantoni, che ricevono a questo scopo la maggior parte delle entrate generate dall’imposizione minima.
In terzo luogo, i Cantoni assumono una grande responsabilità nel garantire che l'attrattività della piazza economica svizzera venga preservata, soprattutto attraverso l'adozione di misure concrete. Non si tratta di una responsabilità cantonale, ma di una responsabilità per la Svizzera nel suo insieme. Se il Cantone di Basilea Città ha un settore farmaceutico forte, la città di Basilea ne beneficia. Ne beneficiano anche i Cantoni circostanti e la Confederazione, che riceve da Basilea un consistente gettito fiscale attraverso l'imposta federale diretta. Oggi, l'imposta federale diretta sull’utile delle persone giuridiche genera un gettito maggiore rispetto all’imposta sul reddito delle persone fisiche e costituisce un pilastro delle finanze federali. Non meno del 90% del gettito dell'imposta sull’utile proviene da grandi imprese internazionali, per un ammontare di 16 miliardi di franchi nel 2025. Se la Confederazione priva i Cantoni dei mezzi per mantenere la loro piazza economica all’avanguardia a livello mondiale in un contesto di cambiamento delle condizioni fiscali, rischia di veder diminuire le proprie entrate, il che non è nel suo interesse. In effetti, la Confederazione conta su un incremento del gettito dell’imposizione delle imprese per consolidare le proprie finanze per gli anni a venire (17,5 miliardi di franchi previsti per il 2028). La Confederazione farebbe quindi bene a lasciare ai Cantoni economicamente forti, ma esposti ai mutamenti a livello internazionale, le loro risorse - risorse che, comunque, nessuno sa quanto saranno elevate.
In quarto luogo, la proposta della Commissione delle finanze porterebbe a una cannibalizzazione della Confederazione stessa. Poiché le risorse generate dall’imposizione minima sono già pianificate (oltre alla digitalizzazione e ad altri compiti, la Confederazione deve contribuire anche alla perequazione finanziaria nazionale), il trasferimento di risorse all'esercito aprirebbe un vuoto che andrebbe colmato altrove. Quanto proposto dalla Commissione sarebbe quindi un gioco finanziario a somma zero per la Confederazione, uno spostamento di fondi e di problemi.
In quinto luogo, con la sua proposta la Commissione indebolisce non solo i Cantoni economicamente forti, ma anche tutti gli altri, che sono economicamente più deboli. Uno dei motivi principali per cui la ripartizione del gettito dell’imposizione minima è stata fissata al 75% per i Cantoni era precisamente quello di consentire ai Cantoni economicamente più deboli di trattenere maggiori risorse (provenienti dall'imposta integrativa pagata dalle proprie imprese) e che potessero riceverne di più anche nell'ambito della perequazione finanziaria nazionale. Rispetto a una soluzione 50/50, è stato calcolato l'anno scorso che i trasferimenti aggiuntivi ai Cantoni più deboli ammonterebbero a 100 milioni all'anno. Ciò è dovuto al funzionamento della perequazione finanziaria, che prevede che più risorse vengono trattenute dai Cantoni, più elevati sono i trasferimenti intercantonali. È proprio per questo motivo che il Consiglio degli Stati ha sostenuto con forza l'attuale soluzione 25/75. Una soluzione 50/50 non sarebbe quindi svantaggiosa solo per Basilea Città, Zugo e Ginevra, ma penalizzerebbe anche i Grigioni, Uri e il Canton Giura.
In sesto e ultimo luogo, la Commissione delle finanze mette in discussione una chiara decisione popolare presa appena l'anno scorso. È comprensibile che i Cantoni sentano che la fiducia è stata infranta. Alcuni Cantoni sono stati criticati per aver lanciato dei progetti dopo la votazione popolare del giugno 2023 con l'obiettivo di incrementare le proprie aliquote fiscali sugli utili e avvicinarle all'aliquota minima del 15%. L’accusa era di aggirare in tal modo la nuova imposizione minima (o l’imposta integrativa). I Cantoni avevano chiaramente indicato che la definizione delle aliquote d'imposta sulle imprese era di loro indiscussa competenza e che, se necessario, in caso di fallimento dell’imposizione minima alle urne avrebbero aumentato autonomamente le loro aliquote per proteggere le loro entrate da interventi esterni. È un’ironia piuttosto di cattivo gusto che il Consiglio degli Stati debba esaminare una proposta che spinge i Cantoni a compiere questo passo (venendo l'intervento "esterno" dalla Confederazione).
Una soluzione inadeguata per la Confederazione e i Cantoni
Nel marzo 2023, la Conferenza dei Governi cantonali CdC ha valutato che «l'imposizione minima dell'OCSE farà perdere alla Svizzera parte del suo vantaggio competitivo in termini di fiscalità. La chiave di ripartizione offre alla Confederazione e ai Cantoni le risorse necessarie, provenienti dal gettito fiscale e dalla perequazione finanziaria, per attuare le misure volte a rimanere attrattivi per i grandi gruppi d’impresa. I Cantoni conoscono meglio le esigenze delle imprese insediate sul loro territorio e possono quindi adottare misure equilibrate, mentre la Confederazione ha l’opportunità di mantenere la qualità della piazza economica a livello sovraregionale».
Questa posizione rimane valida. Il Parlamento farebbe bene, nella sua ricerca di risposte alla questione del finanziamento dell'esercito, a non contribuire a incoraggiare soluzioni sbagliate che, invece di ridurre i problemi, rischierebbero di aggravarli.