Co­ro­na­vi­rus: i de­bi­ti do­vran­no es­se­re am­mor­tiz­za­ti

La Con­fe­de­ra­zio­ne si sta for­te­men­te in­de­bi­tan­do per fron­teg­gia­re la crisi del co­ro­na­vi­rus. Sarà ne­ces­sa­rio rim­bor­sa­re i de­bi­ti in vista delle ge­ne­ra­zio­ni fu­tu­re e anche per ri­spet­ta­re il freno al­l’in­de­bi­ta­men­to. 

A fine 2020, il Con­si­glio fe­de­ra­le aveva pre­vi­sto di porre in con­sul­ta­zio­ne un pro­get­to re­la­ti­vo al­l’am­mor­ta­men­to dei de­bi­ti le­ga­ti alla crisi del co­ro­na­vi­rus. Vista la per­si­sten­za delle in­cer­tez­ze e del pro­lun­ga­men­to degli aiuti, esso vi ha ri­nun­cia­to. Ma il de­bi­to do­vu­to al co­ro­na­vi­rus de­v’es­se­re am­mor­tiz­za­to com­ple­ta­men­te? 

La le­gi­sla­zio­ne è chia­ra: i de­bi­ti de­vo­no es­se­re rim­bor­sa­ti entro un ter­mi­ne di sei anni. Il ter­mi­ne può es­se­re po­sti­ci­pa­to. Il freno al­l’in­de­bi­ta­men­to non per­met­te di au­men­ta­re i de­bi­ti senza al­cu­na com­pen­sa­zio­ne, che si trat­ti del bud­get or­di­na­rio o di quel­lo straor­di­na­rio, dove sono in­se­ri­ti la mag­gior parte dei de­bi­ti le­ga­ti al co­ro­na­vi­rus. 

Dopo l’in­tro­du­zio­ne del freno al­l’in­de­bi­ta­men­to 15 anni fa, la Con­fe­de­ra­zio­ne ha ri­dot­to i suoi de­bi­ti di circa 30 mi­liar­di di fran­chi. I de­bi­ti con­trat­ti in re­la­zio­ne al co­ro­na­vi­rus rag­giun­ge­ran­no pro­ba­bil­men­te un vo­lu­me pa­ra­go­na­bi­le. Al­cu­ni ri­ten­go­no dun­que che i nuovi de­bi­ti pos­sa­no es­se­re com­pen­sa­ti con il vo­lu­me dei de­bi­ti am­mor­tiz­za­ti. Dal mo­men­to che l’o­biet­ti­vo del freno al­l’in­de­bi­ta­men­to non è mai stato quel­lo di ri­dur­re i de­bi­ti, ma sem­pli­ce­men­te di sta­bi­liz­zar­li, sa­reb­be quin­di le­git­ti­mo co­sti­tuir­ne di nuovi. 

Un mag­gio­re mar­gi­ne di ma­no­vra è un’op­por­tu­ni­tà.

A que­sto ra­gio­na­men­to si pos­so­no con­trap­por­re di­ver­si ar­go­men­ti: dap­pri­ma, è vero che ri­dur­re il de­bi­to non era l’o­biet­ti­vo di­chia­ra­to del freno al­l’in­de­bi­ta­men­to, poi­ché il Con­si­glio fe­de­ra­le ri­te­ne­va che que­sto obiet­ti­vo non fosse rea­li­sti­co. Detto que­sto, la sua ri­du­zio­ne era au­spi­ca­bi­le. È ciò che il Con­si­glie­re fe­de­ra­le Ka­spar Vil­li­ger aveva di­chia­ra­to nel suo di­scor­so in oc­ca­sio­ne del­l’in­tro­du­zio­ne di que­sto stru­men­to nel marzo 2001: «Se una ri­du­zio­ne do­ves­se rea­liz­zar­si, sa­reb­be molto più van­tag­gio­so, poi­ché ciò au­men­te­reb­be il no­stro mar­gi­ne di ma­no­vra in caso di re­ces­sio­ne. L’e­si­sten­za di un’ec­ce­zio­ne per­met­te di au­men­ta­re il tasso d’in­de­bi­ta­men­to e di sta­bi­liz­za­re il de­bi­to». 

In se­gui­to, il Par­la­men­to aveva pre­pa­ra­to il ter­re­no in vista della ri­du­zio­ne del de­bi­to mo­di­fi­can­do il di­spo­si­ti­vo. Ha in­tro­dot­to un’a­sim­me­tria, che vuole che i di­sa­van­zi deb­ba­no es­se­re com­pen­sa­ti e che le ec­ce­den­ze non pre­vi­ste deb­ba­no es­se­re uti­liz­za­te per ri­dur­re il de­bi­to. Han­shei­ri In­der­kum, ex Con­si­glie­re agli Stati e Pre­si­den­te della com­mis­sio­ne, aveva spie­ga­to: «La com­mis­sio­ne pro­po­ne qui di ri­nun­cia­re al­l’u­ti­liz­zo di ec­ce­den­ze allo scopo di ren­de­re pos­si­bi­le la ri­du­zio­ne del de­bi­to».

Inol­tre, negli anni ‘90 vi erano buone ra­gio­ni per ri­dur­re il de­bi­to. In quel pe­rio­do, era stato re­gi­stra­to il suo più forte au­men­to dopo la Se­con­da Guer­ra mon­dia­le. Men­tre il de­bi­to era leg­ger­men­te in­fe­rio­re a 40 mi­liar­di di fran­chi nel 1990, aveva rag­giun­to nel 2005 il li­vel­lo re­cord di 130 mi­liar­di di fran­chi. Il tasso d’in­de­bi­ta­men­to era dun­que più che rad­dop­pia­to, pas­san­do dal­l’11,8% al 28,5%. Que­sta evo­lu­zio­ne, im­por­tan­te nel con­fron­to in­ter­na­zio­na­le, si spie­ga­va in ra­gio­ne del 40% a causa dei di­sa­van­zi bud­ge­ta­ri, vale a dire il so­vra­con­su­mo do­vu­to a spese non so­ste­ni­bi­li di un vo­lu­me di 35 mi­liar­di di fran­chi in quin­di­ci anni. Il Con­si­glio fe­de­ra­le lo aveva spie­ga­to nel rap­por­to re­la­ti­vo al­l’e­vo­lu­zio­ne del de­bi­to del 2006, nel quale evo­ca­va un grave peg­gio­ra­men­to della si­tua­zio­ne fi­nan­zia­ria e una giu­sti­fi­ca­ta pre­oc­cu­pa­zio­ne. Per la parte re­stan­te, l’au­men­to del de­bi­to era da at­tri­bui­re agli oneri ere­di­ta­ti dal pas­sa­to, come il ri­sa­na­men­to delle FFS.

Una cosa è certa, l’am­mor­ta­men­to del de­bi­to in que­sti ul­ti­mi quin­di­ci anni ha per­mes­so di com­pen­sa­re l’au­men­to senza pre­ce­den­ti re­gi­stra­to nei quin­di­ci anni pre­ce­den­ti. In oc­ca­sio­ne del­l’in­tro­du­zio­ne del freno al­l’in­de­bi­ta­men­to, si pre­ve­de­va di ri­dur­re il de­bi­to, ma l’am­piez­za della ri­du­zio­ne non era pre­ve­di­bi­le, poi­ché si sa­pe­va an­co­ra trop­po poco sul­l’ef­fet­to del nuovo stru­men­to. Non si sa­pe­va che si sa­reb­be­ro ve­ri­fi­ca­ti re­go­lar­men­te avan­ti d’e­ser­ci­zio che po­te­va­no es­se­re de­sti­na­ti al­l’am­mor­ta­men­to del de­bi­to. Senza con­ta­re che, con­tra­ria­men­te agli anni ‘90, la Sviz­ze­ra ha re­gi­stra­to una cre­sci­ta eco­no­mi­ca glo­bal­men­te so­li­da che ha ge­ne­ra­to ec­ce­den­ze ele­va­te.

Tra una ge­ne­ra­zio­ne, il co­ro­na­vi­rus non do­vreb­be più es­se­re un pro­ble­ma in ter­mi­ni di po­li­ti­ca fi­sca­le.

È le­git­ti­mo oggi ri­co­sti­tui­re il de­bi­to fe­de­ra­le al li­vel­lo del 2005 e man­te­ner­lo così, poi­ché quel­lo era il li­vel­lo del­l’in­de­bi­ta­men­to quan­do è scat­ta­to il freno al­l’in­de­bi­ta­men­to, il de­bi­to più ele­va­to degli ul­ti­mi 70 anni? 

Ka­spar Vil­li­ger aveva inol­tre di­chia­ra­to che «se la pros­si­ma ge­ne­ra­zio­ne do­ves­se sob­bar­car­si dei de­bi­ti le­ga­ti al no­stro con­su­mo [...] al­lo­ra que­sta ge­ne­ra­zio­ne non ri­ce­ve­reb­be dallo Stato le pre­sta­zio­ni alle quali avreb­be di­rit­to sulla base delle im­po­ste pa­ga­te. Non ab­bia­mo il di­rit­to di com­por­tar­ci così di fron­te alla pros­si­ma ge­ne­ra­zio­ne! [...] Con que­sti mec­ca­ni­smi, ga­ran­tia­mo il mar­gi­ne di ma­no­vra delle fu­tu­re ge­ne­ra­zio­ni; la so­ste­ni­bi­li­tà si ap­pli­ca qui come ad esem­pio nel set­to­re del­l’am­bien­te o in altri set­to­ri.»

Que­sto è in­va­ria­to. Nes­su­no o quasi con­te­sta le spese dello Stato le­ga­te alla pan­de­mia di co­ro­na­vi­rus. Nel con­tem­po, do­vreb­be anche es­se­re in­di­scus­so che oggi pa­ghia­mo per il no­stro aiuto alla crisi. I no­stri figli e i no­stri ni­po­ti avran­no le loro crisi da ge­sti­re e non do­vreb­be­ro pa­ga­re per la ge­stio­ne dei no­stri pro­ble­mi. Se­con­do Ka­spar Vil­li­ger, il Fondo mo­ne­ta­rio in­ter­na­zio­na­le aveva espli­ci­ta­men­te in­vi­ta­to la Sviz­ze­ra a ri­dur­re i suoi de­bi­ti. Aveva pre­det­to che la Sviz­ze­ra si sa­reb­be tro­va­ta sotto pres­sio­ne in ma­te­ria di as­si­cu­ra­zio­ne ma­lat­tia e di pre­vi­den­za vec­chia­ia a se­gui­to del­l’e­vo­lu­zio­ne de­mo­gra­fi­ca, ra­gio­ne per la quale do­ve­va co­sti­tui­re delle ri­ser­ve. Oggi, ven­t’an­ni dopo, il de­bi­to della Sviz­ze­ra è di­mi­nui­to, anche se si tiene conto del co­ro­na­vi­rus. I pro­ble­mi fu­tu­ri sa­ran­no gli stes­si. E altri vi si ag­giun­ge­ran­no. 

Ri­dur­re il de­bi­to è pos­si­bi­le.

I di­sa­van­zi pro­vo­ca­ti dal co­ro­na­vi­rus de­vo­no es­se­re am­mor­tiz­za­ti. La Con­fe­de­ra­zio­ne è in grado di com­pen­sa­re im­por­ti ele­va­ti senza fare pres­sio­ne sul bud­get or­di­na­rio. Come ho in­di­ca­to, è pos­si­bi­le uti­liz­za­re i co­sid­det­ti re­si­dui di cre­di­to. Vi sono anche i di­vi­den­di di­stri­bui­ti ogni anno dalla Banca na­zio­na­le sviz­ze­ra (BNS). La Con­fe­de­ra­zio­ne li uti­liz­za abi­tual­men­te nel­l’am­bi­to del bud­get or­di­na­rio. In que­sti ul­ti­mi dieci anni, i di­vi­den­di della BNS hanno rag­giun­to me­dia­men­te i 600 mi­lio­ni di fran­chi, ma mai più di 830 mi­lio­ni. Dopo il 2020, a se­gui­to della forte cre­sci­ta del bi­lan­cio della BNS, la Con­fe­de­ra­zio­ne pre­ve­de im­por­ti più ele­va­ti per i di­vi­den­di della BNS, fino a 2 mi­liar­di di fran­chi al­l’an­no (il dop­pio per i can­to­ni). Al­me­no una parte di que­sto im­por­to su­pe­rio­re alla media do­vreb­be es­se­re de­sti­na­ta alla ri­du­zio­ne del de­bi­to. Che que­sto crei di­pen­den­ze in­de­si­de­ra­te non è af­fat­to vero. Una volta che i fondi sono nel bi­lan­cio, le ri­chie­ste au­men­ta­no si­cu­ra­men­te. Se i di­vi­den­di do­ves­se­ro nuo­va­men­te di­mi­nui­re e l’am­mor­ta­men­to del de­bi­to ri­chie­de­re un po’ più di tempo, non sa­reb­be la fine del mondo. Ma al più tardi tra una ge­ne­ra­zio­ne. Il co­ro­na­vi­rus non do­vreb­be più es­se­re un pro­ble­ma in ter­mi­ni fi­sca­li. Si ri­flet­te­reb­be male su di noi se i no­stri figli do­ves­se­ro poi scuo­te­re la testa e dire: pur­trop­po no.

Que­sto ar­ti­co­lo è ap­par­so in te­de­sco sotto una forma leg­ger­men­te di­ver­sa il 3 feb­bra­io 2021 nella ri­vi­sta Fi­nanz & Wir­ts­chaft.