Mann mit Koffer reist in die Schweiz ein

Gli ul­ti­mi dati re­la­ti­vi al­l’im­mi­gra­zio­ne non ri­flet­to­no an­co­ra la crisi do­vu­ta al co­ro­na­vi­rus

La Se­gre­te­ria di Stato delle mi­gra­zio­ni ha pub­bli­ca­to i dati re­la­ti­vi al­l’im­mi­gra­zio­ne per il primo tri­me­stre 2020. Se­con­do le sta­ti­sti­che, il saldo mi­gra­to­rio è au­men­ta­to ri­spet­to allo stes­so pe­rio­do del 2019. Poi­ché le fron­tie­re na­zio­na­li sono state chiu­se a fine marzo a se­gui­to del co­ro­na­vi­rus, que­sto dato non sor­pren­de. Le cifre del pas­sa­to mo­stra­no chia­ra­men­te che l’im­mi­gra­zio­ne in Sviz­ze­ra di­pen­de for­te­men­te dalla no­stra si­tua­zio­ne eco­no­mi­ca. Il crol­lo della do­man­da di la­vo­ra­to­ri stra­nie­ri do­vreb­be far di­mi­nui­re l’im­mi­gra­zio­ne nei pros­si­mi mesi.

Se si esa­mi­na­no le nuove cifre re­la­ti­ve al­l’im­mi­gra­zio­ne di­ra­ma­te dalla Se­gre­te­ria di Stato della mi­gra­zio­ne (SEM), si vede che il saldo mi­gra­to­rio è au­men­ta­to tra gen­na­io e marzo ri­spet­to allo stes­so pe­rio­do del 2019. L’im­mi­gra­zio­ne netta pro­ve­nien­te dagli Stati mem­bri del­l’UE e del­l’AELS, non­ché dal Regno Unito nel corso dei primi tre mesi del 2020 era su­pe­rio­re a quel­la dello stes­so pe­rio­do del­l’an­no pre­ce­den­te.

I dati non ri­flet­to­no an­co­ra la crisi do­vu­ta al co­ro­na­vi­rus

L’af­fer­ma­zio­ne ri­cor­ren­te se­con­do la quale la Sviz­ze­ra apra le porte alla mi­gra­zio­ne eco­no­mi­ca anche in tempo di crisi è sba­glia­ta. L'au­men­to del saldo mi­gra­to­rio è do­vu­to alla po­si­ti­va si­tua­zio­ne eco­no­mi­ca del Paese in quel mo­men­to: un basso tasso di di­soc­cu­pa­zio­ne e un’oc­cu­pa­zio­ne in rial­zo. A causa della gran­de ri­chie­sta di la­vo­ra­to­ri qua­li­fi­ca­ti, negli ul­ti­mi anni molti posti di la­vo­ro sono stati oc­cu­pa­ti non solo da la­vo­ra­to­ri sviz­ze­ri, ma anche da la­vo­ra­to­ri eu­ro­pei ben qua­li­fi­ca­ti. Le sta­ti­sti­che della SEM lo con­fer­ma­no. Nel con­te­sto della pan­de­mia di co­ro­na­vi­rus, le re­stri­zio­ni al­l’en­tra­ta sul ter­ri­to­rio sviz­ze­ro sono state este­se lo scor­so 25 marzo al­l’in­sie­me degli Stati Schen­gen, ra­gio­ne per cui le con­se­guen­ze a lungo ter­mi­ne sul­l’im­mi­gra­zio­ne non sono an­co­ra vi­si­bi­li nelle cifre. Si può par­ti­re dal prin­ci­pio che l’im­mi­gra­zio­ne sia for­te­men­te di­mi­nui­ta in apri­le.

L’im­mi­gra­zio­ne di­pen­de in ampia mi­su­ra dalla con­giun­tu­ra in Sviz­ze­ra

Gli eco­no­mi­sti del mer­ca­to del la­vo­ro evi­den­zia­no da tempo che l’im­mi­gra­zio­ne sia le­ga­ta alla si­tua­zio­ne eco­no­mi­ca in Sviz­ze­ra. Di fatto, du­ran­te i pe­rio­di di alta con­giun­tu­ra, si re­clu­ta­no spe­cia­li­sti. E quan­do l’e­co­no­mia va male, il nu­me­ro di im­mi­gra­ti di­mi­nui­sce. L’in­tro­du­zio­ne pro­gres­si­va della li­be­ra cir­co­la­zio­ne delle per­so­ne a par­ti­re dal 2002 non ha cam­bia­to nulla. Così, l’im­mi­gra­zio­ne netta pro­ve­nien­te dal­l’UE è di­mi­nui­ta du­ran­te la crisi eco­no­mi­ca e fi­nan­zia­ria del 2009 e a se­gui­to dello choc del fran­co forte nel 2015, come era già stato il caso negli anni set­tan­ta. Fi­no­ra, non è stato ri­le­va­no una so­sti­tu­zio­ne si­ste­ma­ti­ca dei la­vo­ra­to­ri in­di­ge­ni con per­so­na­le im­mi­gra­to.

I la­vo­ra­to­ri qua­li­fi­ca­ti pro­ve­nien­ti dal­l’e­ste­ro non sono im­mi­gra­ti per mo­ti­vi so­cia­li 

Am­met­ten­do che que­ste os­ser­va­zio­ni re­sti­no va­li­de, si parte dal pre­sup­po­sto che la crisi do­vu­ta al co­ro­na­vi­rus possa com­por­ta­re una di­mi­nu­zio­ne e non un au­men­to del­l’im­mi­gra­zio­ne. Quan­to alla li­be­ra cir­co­la­zio­ne delle per­so­ne, essa non è pa­ra­go­na­bi­le ad un as­se­gno in bian­co. Sol­tan­to i cit­ta­di­ni del­l’UE che pos­sie­do­no un con­trat­to di la­vo­ro va­li­do o che pos­so­no for­ni­re la prova di es­se­re in grado di sop­pe­ri­re ai loro bi­so­gni at­tra­ver­so un’at­ti­vi­tà lu­cra­ti­va in­di­pen­den­te pos­so­no im­mi­gra­re in Sviz­ze­ra. E chi si è sta­bi­li­to in Sviz­ze­ra negli ul­ti­mi mesi con un con­trat­to di la­vo­ro e che perde il suo im­pie­go a causa del co­ro­na­vi­rus non ri­ce­ve­rà pre­sta­zio­ni da parte del­l’as­si­cu­ra­zio­ne di­soc­cu­pa­zio­ne. Sol­tan­to una per­so­na che ha ver­sa­to i con­tri­bu­ti per al­me­no un anno negli ul­ti­mi 24 mesi potrà ri­ce­ver­le.