Azioni collettive: il lavoro dell’avvocato non è un prodotto di massa
«Troppo ghiaccio nell’affogato al caffè» - i titoli dei giornali sulle cause collettive contro le aziende sono fonte di divertimento. Ma la prudenza è d’obbligo quando si tratta di discutere con le istituzioni giuridiche degli Stati Uniti.
A volte ci è successo di scuotere la testa per notizie mediatiche di strani processi, per noi Europei, che vengono regolarmente avviati dagli Stati Uniti contro le aziende: «Troppo ghiaccio nell’ affogato al caffè presso Starbucks» o «panini troppo corti» presso Subway. Le stranezze legali degli Stati Uniti possono sorprenderci o divertirci. Finora, le richieste delle istituzioni giuridiche degli Stati Uniti sono state accolte in Europa, giustamente, con scetticismo.
Questo non impedisce che l’UE progredisca nei suoi dibattiti sull’introduzione di un’azione collettiva europea. Le imprese europee dubitano che questa proposta sia utile ai consumatori. Esse vi vedono piuttosto un buon affare per gli avvocati e temono un aumento dei ricorsi abusivi se gli studi legali americani si mettessero ad utilizzare i loro strumenti in Europa. Alla fine del 2019 in Germania, le associazioni imprenditoriali si sono opposte all’introduzione di un’azione collettiva europea e hanno comunicato al governo le loro preoccupazioni in relazione al progetto di direttiva europea: i previsti strumenti di azione collettiva basati sul diritto americano aprirebbero la strada ad un uso sfrenato della legge e alla ricattabilità delle piccole e medie imprese.
In Svizzera, poco prima di Natale, il Tribunale commerciale del Canton Zurigo ha respinto una richiesta di risarcimento danni inoltrata dalla Fondazione tedesca per la protezione dei consumatori contro VW e il suo importatore Amag, ritenendo che essa non aveva la capacità di agire in quanto ricorrente. Secondo quanto riportato dai media, non è accettabile che la fondazione sia disponibile come «organo di raccolta» per circa 6000 proprietari di automobili. Significherebbe assumersi un rischio considerevole che non rientra negli scopi dell’organizzazione. In questo caso concreto, la fondazione non ha la capacità di agire. La sentenza non è ancora definitiva; solo la giustificazione dettagliata da parte del tribunale commerciale consentirà un’analisi in termini di procedura civile.
Un chiaro appello alle azioni collettive
Ancor prima di questa sconfitta in prima istanza, i difensori dei consumatori elogiavano le azioni collettive di cui chiedevano l’introduzione in Svizzera. È poco probabile che questi appelli lanciati tempo fa cessino. Negli Stati Uniti, la patria delle «class actions», queste ultime danno raramente luogo ad un processo. Gli avvocati dei ricorrenti fanno valere pretese straordinariamente elevate in modo da poter concludere accordi extragiudiziali molto redditizi a scapito delle imprese. Il famoso giudice alla Corte suprema Antonin Scalia, ha detto un giorno che non sono gli avvocati, bensì gli ingegneri e gli insegnanti, ad apportare progresso e benessere ad un Paese.
Resta da sperare che il futuro messaggio del Consiglio federale concernente la modifica del codice di procedura civile non metta in pericolo le basi del nostro sistema giuridico introducendo strumenti collettivi dannosi per la nostra economia. L’attuale codice di procedura civile svizzero offre già una buona protezione ai ricorrenti. L’avamprogetto prevede inoltre ulteriori miglioramenti nell’interesse dei ricorrenti, quali semplificazioni concernenti le condizioni del litisconsorzio semplice e il cumulo di azioni. Se il Parlamento non condividesse il parere degli ambienti economici e ritenesse che le azioni collettive debbano essere maggiormente sviluppate, occorrerebbe innanzitutto prevedere soluzioni orientate al futuro e maggiormente compatibili con la nostra cultura giuridica, come lo sviluppo delle procedure di conciliazione o di mediazione.
Un milione di avvocati
In ogni caso, l’introduzione dell’azione collettiva, anche sotto una forma attenuata, non è una soluzione. Questo strumento è sempre suscettibile di dare luogo ad abusi e favorisce un’industria dei ricorsi indesiderabile. L’avamprogetto in vista della modifica del codice di procedura civile prevede una combinazione tra transazioni di gruppo e il diritto di proporre azioni collettive, che consente giochi di potere senza precedenti a scapito delle imprese. La «commercializzazione del diritto» che ne risulta non favorisce il progresso nel nostro Paese. Inoltre, i nuovi rischi previsti in materia di contenzioso e di costi di transazione si ripercuoterebbero sui consumatori attraverso i prezzi. Questo influenzerebbe i consumatori in modo sensibile. Le azioni collettive non sono gratuite nemmeno per loro.
Se le azioni collettive non sono né nell’interesse dell’economia né in quello dei consumatori, chi sono gli interessati? Il cantante folk americano Tom Paxton ha dato la risposta migliore a questa domanda. Già nel 1985, esso temeva che l’ «One Million Lawyers» si sarebbe verificato negli USA entro un decennio, cosa che non considerava esattamente favorevole al benessere del Paese. In Svizzera, la professione di avvocato riflette ancora quella che è l’idea tradizionale. L’avvocato vuole ottenere il massimo per i propri clienti e non per sé stesso. Il fatto che ci siano molte voci critiche anche tra i nostri avvocati contro questa commercializzazione sfrenata del diritto, non può lasciare indifferenti. Fieri della loro professione, essi rifiutano una legge «all’americana» con tutti i suoi eccessi.
Versione originale apparsa nella «NZZ» il 27 gennaio 2020.
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