Preserviamo le nostre libertà!

A fine novembre, voteremo nuovamente sulla legge COVID-19. Un risultato negativo farebbe sorgere grandi incertezze e avrebbe conseguenze dirette e dolorose per ognuno di noi: sarebbe probabilmente la fine dei viaggi all’estero senza restrizioni e la fine delle cene al ristorante con spensieratezza.

Ci ricordiamo tutti molto bene delle prime settimane e dei primi mesi della pandemia di coronavirus. Un nuovo virus particolarmente perfido era giunto da noi, imprevedibile e apparentemente incontrollabile. Attraverso severe misure restrittive, i governi di tutto il mondo hanno tentato di impedire una sua propagazione incontrollata. Risultato: negozi e ristoranti chiusi ovunque e frontiere sigillate.

Un anno e mezzo dopo, il virus è ancora in circolazione. Ma abbiamo imparato a conviverci. Sappiamo come si trasmette, disponiamo di vaccini affidabili in quantità sufficiente e abbiamo creato dei dispositivi che ci permettono di vivere quasi nella normalità. Non si parla più di lockdown e possiamo nuovamente viaggiare all’estero; per le feste di fine anno numerose persone si rallegrano di partire verso destinazioni calde per godersi il sole.

Lo strumento principale al quale dobbiamo questa felicità è il certificato COVID. Dopo la sua introduzione, possiamo ritornare al cinema, a teatro o al lavoro senza mascherina. La legge COVID-19, approvata dal Parlamento, permette alle persone testate, guarite o vaccinate (TGV) di ritrovare progressivamente una vita professionale e privata normale. Grazie ad essa, la Confederazione può rilasciare questi certificati Covid e applicare i sistemi di verifica necessari.

Senza certificato, non ci si potrebbe più recare all’estero.

Ma un rifiuto del progetto di legge COVID-19 eliminerebbe la base giuridica del certificato. E senza certificato, non potremmo più viaggiare all’estero, poiché gli altri paesi sicuramente lo manterrebbero in vigore. Non sarebbe più possibile controllare i turisti stranieri per verificare se possiedono un certificato compatibile con l'UE. Il Consiglio federale dovrebbe dunque sia vietare loro completamente l’entrata, sia accettarli unicamente previa presentazione di un certificato ufficiale di vaccinazione.

Se il numero di casi dovesse aumentare fortemente, alla Confederazione resterebbero due possibilità: ostacolare di nuovo radicalmente la libertà economica e personale, o causare un sovraccarico degli ospedali. Nessun responsabile politico rimarrebbe a braccia incrociate se il numero di pazienti di coronavirus dovesse sovraccaricare i reparti di cure intense. Di conseguenza, la sola opzione consisterebbe nel limitare le nostre libertà, in violazione dei principi fondamentali.

La legge traccia il quadro giuridico nel quale il Consiglio federale può adottare delle misure.

Rispetto ad altri paesi, la Svizzera ha superato finora relativamente bene la crisi sanitaria. Non si sottolineerà mai abbastanza la buona volontà e la perseveranza di cui ha dato prova la popolazione per affrontare le sfide della pandemia dopo oltre un anno e mezzo. Essa ha accettato le esigenze della responsabilità personale e seguito i piani di protezione, gli appelli alla riduzione dei contatti. Tutto questo ci ha permesso di sviluppare degli strumenti per mantenere sotto controllo questa pandemia. Lungi dall’essere una restrizione delle nostre libertà, la legge COVID-19 ci garantisce, al contrario, che esse non siano più soggette a restrizioni così severe come all’inizio della pandemia.

Evitare l’incertezza del diritto e non rimettere in discussione i progressi ottenuti finora.

Dal punto di vista economico, è evidente che siamo tutti – società, economia e mondo politico – dipendenti dalla legge COVID-19 per continuare a combattere efficacemente la pandemia. La sua adozione da parte del Parlamento gli attribuisce una legittimità democratica e fornisce alla Confederazione un quadro giuridico chiaro per un approccio differenziato della lotta contro il virus. Inoltre, essa resta la base del finanziamento di casi di rigore, il cui mantenimento potrebbe essere in pericolo in caso di voto negativo. Dicendo sì alla legge COVID-19, evitiamo l’incertezza giuridica e non mettiamo in discussione i progressi finora realizzati. Ecco perché voterò un chiaro SÌ il 28 novembre.