mercosur fahne

Mis­sio­ne eco­no­mi­ca e scien­ti­fi­ca nel­l’am­bi­to del Mer­co­sur: prime im­pres­sio­ni

La mis­sio­ne eco­no­mi­ca e scien­ti­fi­ca del con­si­glie­re fe­de­ra­le Jo­hann N. Sch­nei­der-Am­mann in Ar­gen­ti­na, Bra­si­le, Pa­ra­guay e Uru­guay, quat­tro paesi mem­bri del Mer­co­sur, è ini­zia­ta a San Paolo con in­ten­se di­scus­sio­ni a pro­po­si­to di un ac­cor­do di li­be­ro scam­bio.

"Non in­ten­dia­mo in nes­sun caso sra­di­ca­re l'a­gri­col­tu­ra nei paesi part­ner", ha di­chia­ra­to Ro­nal­do Filho, sot­to­se­gre­ta­rio dello Stato bra­si­lia­no, che sta con­du­cen­do i ne­go­zia­ti per un ac­cor­do di li­be­ro scam­bio con l'AELS. Egli ha sot­to­li­nea­to gli ef­fet­ti po­si­ti­vi e a lungo ter­mi­ne del­l'a­per­tu­ra dei mer­ca­ti. Alla fine degli anni '80 il Bra­si­le ri­fiu­ta­va qual­sia­si aper­tu­ra del pro­prio mer­ca­to agri­co­lo. Tut­ta­via, a se­gui­to del­l'U­ru­guay Round, il paese ha op­ta­to no­no­stan­te tutto per l’a­per­tu­ra. Se, prima del­l’a­per­tu­ra, il Bra­si­le era un im­por­ta­to­re di pro­dot­ti agri­co­li, è di­ve­nu­to in se­gui­to il lea­der del mer­ca­to mon­dia­le della carne di manzo, della soia e del pol­la­me. L'ac­ces­so ai mer­ca­ti in­ter­na­zio­na­li ha aper­to nuove op­por­tu­ni­tà. Oggi, circa la metà delle espor­ta­zio­ni bra­si­lia­ne è co­sti­tui­ta da pro­dot­ti agri­co­li.

Un gros­so po­ten­zia­le per i pro­dot­ti agri­co­li sviz­ze­ri

In­ter­ro­ga­to sugli sboc­chi com­mer­cia­li per dei pro­dot­ti agri­co­li sviz­ze­ri, Ro­nal­do Filho non ha ten­ten­na­to. Con 205 mi­lio­ni di abi­tan­ti e una clas­se media in cre­sci­ta, egli ri­tie­ne che i for­mag­gi e altre spe­cia­li­tà sviz­ze­re ab­bia­no un ot­ti­mo po­ten­zia­le.

Af­fin­ché le im­pre­se sviz­ze­re d’e­spor­ta­zio­ne – dai pro­dot­ti agri­co­li a quel­li in­du­stria­li – pos­sa­no sfrut­ta­re tale po­ten­zia­le, l’ac­ces­so al mer­ca­to de­v’es­se­re no­te­vol­men­te mi­glio­ra­to. At­tual­men­te, i dazi do­ga­na­li e le tasse, che rag­giun­go­no fino al 35% del va­lo­re di un bene, rap­pre­sen­ta­no gran­di osta­co­li al com­mer­cio. Il Bra­si­le fi­gu­ra tra i tre paesi al mondo dove gli osta­co­li non ta­rif­fa­ri sono tra i più ele­va­ti. Que­sti ul­ti­mi as­su­mo­no la forma di pre­scri­zio­ni com­ples­se, di norme tec­ni­che e di pe­san­ti pro­ce­du­re d’au­to­riz­za­zio­ne. E in que­sti ul­ti­mi anni le bar­rie­re che osta­co­la­no l’ac­ces­so sono for­te­men­te au­men­ta­te. Al­cu­ni studi di Simon Eve­nett, ri­cer­ca­to­re san­gal­le­se, mo­stra­no che quasi il 60% di tutte le im­por­ta­zio­ni sono for­te­men­te pe­na­liz­za­te da si­mi­li bar­rie­re com­mer­cia­li. Poi­ché que­sta va­lu­ta­zio­ne non com­pren­de le mi­su­re a li­vel­lo delle pro­vin­ce, si può ri­te­ne­re che si trat­ti di una stima pru­den­te. Que­sto spie­ga per­ché le espor­ta­zio­ni sviz­ze­re verso la set­ti­ma eco­no­mia mon­dia­le rag­giun­ga­no un vo­lu­me di soli 2,2 mi­liar­di di fran­chi. Il fu­tu­ro ac­cor­do di li­be­ro scam­bio tra l’AELS e i paesi del Mer­co­sur do­vreb­be mi­glio­ra­re la si­tua­zio­ne.

Prez­zi ele­va­ti per l’in­du­stria e la po­po­la­zio­ne a se­gui­to delle pe­san­ti tasse al­l’im­por­ta­zio­ne

“La no­stra eco­no­mia ha bi­so­gno di mi­su­re di li­be­ra­liz­za­zio­ne e di aper­tu­ra. Ciò che osta­co­la gli im­por­ta­to­ri e gli in­ve­sti­to­ri stra­nie­ri si ri­per­cuo­te anche sulle no­stre im­pre­se”, ha di­chia­ra­to Tho­maz Za­not­to, del­l’as­so­cia­zio­ne man­tel­lo del­l’e­co­no­mia bra­si­lia­na FIESP. Ciò spie­ga pro­ba­bil­men­te per­ché il Bra­si­le espor­ta prima di tutto ma­te­rie prime agri­co­le for­te­men­te tra­sfor­ma­te – l’in­du­stria è in ri­tar­do. La co­sid­det­ta “po­li­ti­ca di so­sti­tu­zio­ne delle im­por­ta­zio­ni” ha crea­to degli in­ci­ta­men­ti inop­por­tu­ni e si è tra­dot­ta in una pro­dut­ti­vi­tà in­suf­fi­cien­te. Le con­se­guen­ze sono ter­ri­bi­li. Gli ele­va­tis­si­mi osta­co­li alle im­por­ta­zio­ni pro­vo­ca­no un cor­ri­spon­den­te au­men­to dei prez­zi in­ter­ni per l'in­du­stria e la po­po­la­zio­ne. Tut­ta­via, in que­sti ul­ti­mi anni, degli at­to­ri – prin­ci­pal­men­te ci­ne­si – sono riu­sci­ti a su­pe­ra­re que­ste bar­rie­re al com­mer­cio. A causa della man­can­za di com­pe­ti­ti­vi­tà in­ter­na­zio­na­le, molte im­pre­se bra­si­lia­ne sono state co­stret­te ad usci­re dal mer­ca­to. Per quan­to con­cer­ne la so­ste­ni­bi­li­tà del­l’a­gri­col­tu­ra bra­si­lia­na, si no­ta­no di­ver­si campi di ten­sio­ne. Delle re­go­le e dei mar­chi di so­ste­ni­bi­li­tà po­treb­be­ro certo mi­glio­ra­re i me­to­di di pro­du­zio­ne, ma dati i bassi mar­gi­ni di pro­du­zio­ne, la mag­gior parte dei quat­tro mi­lio­ni di pro­dut­to­ri più pic­co­li sa­reb­be­ro esclu­si. Sol­tan­to i gran­di pro­dut­to­ri – circa un mi­lio­ne – pos­sie­do­no i ca­pi­ta­li e le co­no­scen­ze per in­ve­sti­re nella so­ste­ni­bi­li­tà. È per­tan­to ne­ces­sa­rio mi­glio­ra­re il si­ste­ma nel suo com­ples­so. La mag­gio­ran­za delle pic­co­le azien­de agri­co­le non sono suf­fi­cien­te­men­te for­ma­te e dif­fi­ci­li da rag­giun­ge­re con­si­de­ra­ta l’im­men­sa di­men­sio­ne del paese.