Una pianificazione medica assurda
Ci sono troppi o troppo pochi medici? Non è semplice rispondere a questa domanda. Nonostante ciò, i poteri politici e le autorità continuano a proporre potenziali strumenti di pianificazione volti a contrastare un’offerta considerata talvolta sproporzionata e talvolta insufficiente. Queste misure statiche sono destinate al fallimento. Servono soluzioni più flessibili che si adattino meglio alla realtà attuale. Ad esempio la libertà contrattuale e le regole mirate riguardanti la remunerazione delle prestazioni mediche.
Attraverso la triade formata da numerus clausus, operazione specializzazione e blocco delle ammissioni, i poteri politici tentano di rimediare all’attuale sovrabbondanza di medici e all’incombente penuria. Il problema non è così semplice: la situazione varia fortemente in base alla regione, la specializzazione e l’orizzonte temporale. In generale le zone rurali sono confrontate con una penuria di medici, mentre le città sono piuttosto soggette a problemi di sovrabbondanza. Il numero di medici generici è inferiore rispetto a quello degli specialisti. Al giorno d’oggi ci potrebbe essere un’eccedenza di medici, ma nel giro di 10 o 20 anni la Svizzera potrebbe non averne a sufficienza.
Ultimamente, il forte aumento di medici specializzati stranieri ha fatto parecchio discutere. Con la rimozione del blocco delle ammissioni a fine 2011, i medici specializzati stranieri sfruttano la possibilità di stabilirsi in Svizzera per beneficiare del sistema sanitario lucrativo. Eppure:
Il blocco delle ammissioni non rappresenta altro che un divieto rivolto ai giovani medici che vogliono esercitare un’attività imprenditoriale. Questo non solo è ingiusto, ma ostacola anche l’innovazione indispensabile, per esempio in ambito di media elettronici. Infatti, probabilmente i giovani medici investirebbero nella cybersanità, mentre invece per i medici ormai prossimi alla pensione non vale più la pena effettuare il passaggio dal cartaceo ai dossier elettronici.
Il numerus clausus è il responsabile dell’attuale penuria di medici svizzeri. Questa misura comporterebbe la paralisi dell’attività ospedaliera. Fortunatamente gli ospedali possono ricorrere a medici stranieri in modo da continuare normalmente la propria attività.
Proprio su queste considerazioni si basa la proposta relativa all’operazione specializzazione, un progetto importante e giusto. Associato al blocco delle ammissioni potrebbe sembrare strano. I giovani sarebbero incoraggiati a scegliersi un mestiere che non potrebbero esercitare in maniera indipendente. Al giorno d’oggi, i giovani che intraprendono questa strada potrebbero essere ancora sufficientemente numerosi, ma questa realtà cambierebbe sicuramente se si perseguissero riforme contrastanti.
L’ultima proposta, proveniente dai medici stessi, porterebbe i medici stranieri a dover esercitare la professione in un ospedale svizzero per tre anni prima di poter ottenere l’autorizzazione ad aprire un ambulatorio. Si tratta di una misura protezionistica classica come quelle fin troppo note applicate in altri settori. Si cerca di arginare la spiacevole concorrenza straniera tramite richieste supplementari.
Non c’è bisogno di essere dei veggenti: ci saranno penuria ed eccesso fintanto che si cercherà di pilotare la quantità di medici. È per questo motivo che l’economia si impegna in favore della libertà contrattuale nel sistema sanitario – una misura più che necessaria in un campo la cui cifra d’affari si aggira attorno ai 60 miliardi di franchi all’anno.
Ultimamente, il forte aumento di medici specializzati stranieri ha fatto parecchio discutere. Con la rimozione del blocco delle ammissioni a fine 2011, i medici specializzati stranieri sfruttano la possibilità di stabilirsi in Svizzera per beneficiare del sistema sanitario lucrativo. Eppure:
Il blocco delle ammissioni non rappresenta altro che un divieto rivolto ai giovani medici che vogliono esercitare un’attività imprenditoriale. Questo non solo è ingiusto, ma ostacola anche l’innovazione indispensabile, per esempio in ambito di media elettronici. Infatti, probabilmente i giovani medici investirebbero nella cybersanità, mentre invece per i medici ormai prossimi alla pensione non vale più la pena effettuare il passaggio dal cartaceo ai dossier elettronici.
Il numerus clausus è il responsabile dell’attuale penuria di medici svizzeri. Questa misura comporterebbe la paralisi dell’attività ospedaliera. Fortunatamente gli ospedali possono ricorrere a medici stranieri in modo da continuare normalmente la propria attività.
Proprio su queste considerazioni si basa la proposta relativa all’operazione specializzazione, un progetto importante e giusto. Associato al blocco delle ammissioni potrebbe sembrare strano. I giovani sarebbero incoraggiati a scegliersi un mestiere che non potrebbero esercitare in maniera indipendente. Al giorno d’oggi, i giovani che intraprendono questa strada potrebbero essere ancora sufficientemente numerosi, ma questa realtà cambierebbe sicuramente se si perseguissero riforme contrastanti.
L’ultima proposta, proveniente dai medici stessi, porterebbe i medici stranieri a dover esercitare la professione in un ospedale svizzero per tre anni prima di poter ottenere l’autorizzazione ad aprire un ambulatorio. Si tratta di una misura protezionistica classica come quelle fin troppo note applicate in altri settori. Si cerca di arginare la spiacevole concorrenza straniera tramite richieste supplementari.
Non c’è bisogno di essere dei veggenti: ci saranno penuria ed eccesso fintanto che si cercherà di pilotare la quantità di medici. È per questo motivo che l’economia si impegna in favore della libertà contrattuale nel sistema sanitario – una misura più che necessaria in un campo la cui cifra d’affari si aggira attorno ai 60 miliardi di franchi all’anno.