Fis­sa­re degli obiet­ti­vi in­ve­ce di quote!

La Com­mis­sio­ne eu­ro­pea ha adot­ta­to negli scor­si gior­ni un pro­get­to ten­den­te ad im­por­re entro il 2020 ai Con­si­gli d’Am­mi­ni­stra­zio­ne di tutte le gran­di im­pre­se del­l’UE una pro­por­zio­ne di al­me­no il 40%  di donne. Le so­cie­tà che non ap­pli­che­ran­no que­sta pre­scri­zio­ne entro i ter­mi­ni pre­vi­sti sa­ran­no san­zio­na­te se­con­do il di­rit­to pe­na­le del ri­spet­ti­vo Stato mem­bro. Non vi è dub­bio che l’a­do­zio­ne di una si­mi­le mi­su­ra in­con­tre­rà re­si­sten­za in di­ver­si paesi del Vec­chio con­ti­nen­te.
L'e­co­no­mia au­spi­ca un nu­me­ro su­pe­rio­re di donne nelle alte sfere, senza il vin­co­lo delle quote
eco­no­mie­suis­se si op­po­ne ri­so­lu­ta­men­te al pro­get­to di legge della Com­mis­sio­ne del­l’UE. Le im­pre­se pri­va­te de­vo­no man­te­ne­re la li­be­ra scel­ta dei loro di­ri­gen­ti. Im­por­re quote ri­gi­de me-dian­te leggi co­sti­tui­sce una pes­si­ma ri­spo­sta al pro­ble­ma della sotto-rap­pre­sen­tan­za delle donne nei Con­si­gli d’Am­mi­ni­stra­zio­ne. Que­sto non fa che li­mi­ta­re la li­ber­tà d’a­zio­ne delle im­pre­se senza tra­dur­si in un au­men­to du­ra­tu­ro della pro­por­zio­ne di donne di­ri­gen­ti. Le im­pre­se non hanno bi­so­gno di quote per fare in modo che nei loro Con­si­gli d’Am­mi­ni­stra­zio­ne siano pre­sen­ti uo­mi­ni e donne. Lo «Swiss Code of Best Prac­ti­ce for Cor­po­ra­te Go­ver­nan­ce» rac­co­man­da e pre­co­niz­za una «com­po­si­zio­ne equi­li­bra­ta del Con­si­glio d’Am­mi­ni­stra­zio­ne». Que­sta no­zio­ne di equi­li­brio com­pren­de ov­via­men­te la pre­sen­za di qua­dri fem­mi­ni­li. Il sesso è, ac­can­to  al­l’e­spe­rien­za pro­fes­sio­na­le nel set­to­re, solo uno degli ele­men­ti della “di­ver­si­tà” au­spi­ca­ta.

Con­di­zio­ni qua­dro più fa­vo­re­vo­li alla con­ci­lia­bi­li­tà fa­mi­glia-la­vo­ro per le donne e per gli uo­mi­ni
L'e­co­no­mia vor­reb­be au­men­ta­re la pro­por­zio­ne di donne tra i qua­dri di­ri­gen­ti del­l’e­co­no­mia pri-vata, nei Con­si­gli d’Am­mi­ni­stra­zio­ne e a li­vel­lo ope­ra­ti­vo. A que­sto pro­po­si­to è au­spi­ca­bi­le che le im­pre­se fis­si­no di pro­pria ini­zia­ti­va degli obiet­ti­vi in­ter­ni. Molte im­pre­se hanno già adot­ta­to mi­su­re in tal senso. E’ chia­ro che bi­so­gna ten­de­re verso le pari op­por­tu­ni­tà quan­do si trat­ta di at­tri­bui­re una fun­zio­ne di­ri­gen­te. Ciò av­vie­ne at­tra­ver­so un mi­glio­ra­men­to delle con­di­zio­ni ge­ne­ra­li che per­met­to­no agli uo­mi­ni e alle donne di con­ci­lia­re me­glio la vita fa­mi­lia­re con quel­la pro­fes­sio­na­le. Nel con­tem­po, le con­di­zio­ni d’e­ser­ci­zio di un’at­ti­vi­tà lu­cra­ti­va de­vo­no es­se­re pia­ni­fi­ca­te con mag­gio­re fles­si­bi­li­tà. In­cen­ti­vi per­ver­si e un’ec­ces­si­va bu­ro­cra­zia sta­ta­le, come ad esem­pio l’as­sur­do ri­le­va­men­to degli orari di la­vo­ro, sono da abo­li­re se si in­ten­de fa­ci­li­ta­re lo svi­lup­po di mo­del­li di la­vo­ro mo­der­ni come il te­le­la­vo­ro.