Conferenza sulla biodiversità: un meccanismo multilaterale solo di nome
L’essenziale in breve:
- La Conferenza sulla biodiversità 2024 (COP16) non ha prodotto quasi alcun risultato e numerosi partecipanti se ne sono andati prima della sua conclusione. Resta tuttavia un apparente successo: il nuovo «Fondo di Cali» per la redistribuzione dei profitti delle imprese che utilizzano le informazioni relative al sequenziamento genetico.
- L’economia è interessata a un meccanismo multilaterale giuridicamente certo, ma l'attuale proposta di un'imposta volontaria sugli utili o sul fatturato non è realistica e potrebbe creare più costi che benefici.
- Ora, sono necessarie soluzioni ben ponderate per evitare di mettere a repentaglio la ricerca e l’innovazione in Europa e, al contempo, per generare risorse per finanziare il fondo.
La redistribuzione dei profitti derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche è un argomento che ha ricevuto poca attenzione. Concretamente, gli Stati hanno il diritto di decidere l'utilizzo della biodiversità dal 1992. Il Protocollo di Nagoya, entrato in vigore nel 2014, regola l'equa distribuzione dei profitti, ad esempio nell'utilizzo delle piante medicinali per i farmaci. Molte di queste risorse si trovano nei Paesi in via di sviluppo, che domandano pertanto un sostegno finanziario. Tuttavia, l'accordo non soddisfa né le aspettative dei Paesi in via di sviluppo né quelle delle imprese: i primi criticano il modesto ammontare dei versamenti, mentre le seconde si lamentano degli ostacoli burocratici. La digitalizzazione aggrava il problema, in quanto le informazioni relative al sequenziamento digitale (DSI) non vengono registrate. La loro inclusione è stata discussa fin dalla COP13, con la Svizzera che ha chiesto una definizione chiara. Come compromesso, alla COP15 è stato concordato un nuovo meccanismo multilaterale per garantire l'efficienza, la certezza giuridica e l'accesso aperto ai dati. Al contempo, le aspettative si sono spostate dagli obiettivi originari di protezione della biodiversità verso gli strumenti della politica di sviluppo.
Che cos'è la «Digital Sequence Information» (DSI) delle risorse genetiche?
Il termine «informazioni relative al sequenziamento digitale» (DSI) non viene utilizzato né in ambito scientifico né in quello commerciale. È stato introdotto nell'ambito della Convenzione sulla diversità biologica per definire l’ammontare delle richieste di pagamento per l'utilizzo di risorse genetiche digitalizzate derivate da piante, animali o microrganismi. Il DSI consente di accedere alle informazioni genetiche senza ricorrere ai campioni fisici, eliminando la necessità di recarsi nel paese di origine quando i dati sono disponibili in database aperti. Tuttavia, il DSI non è una risorsa, ma uno strumento di ricerca, che quindi non consente una chiara allocazione dei ricavi di vendita derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche - analogamente all'uso di banche dati accademiche come JSTOR. Le DSI vengono utilizzate in molti settori come la biotecnologia, la farmaceutica o l'agricoltura per sviluppare nuovi prodotti quali farmaci o enzimi. Ad esempio, le DSI vengono utilizzate nella produzione di vitamina B2. Sono uno strumento importante per analizzare le proprietà genetiche e sviluppare soluzioni innovative. Con la digitalizzazione e l'IA, il numero di utenti delle DSI sta crescendo, indipendentemente dalle risorse fisiche.
L’economia partecipa alla ricerca di soluzioni
La COP16 doveva definire le modalità di questo meccanismo multilaterale. Nei due anni tra la COP15 e la COP16, l’economia ha presentato proposte concrete. L'approccio multilaterale è importante per numerosi settori economici svizzeri, che sono chiamati a proporre soluzioni concrete a favore della biodiversità, della salute, dell’alimentazione e della protezione del clima e che necessitano perciò di accedere facilmente alle risorse biologiche. Fin dall'inizio, l'industria puntava ad un approccio olistico che comprendesse, poiché indissociabili, sia i materiali biologici fisici che i dati delle sequenze digitali. La COP16 ha offerto l'opportunità di sviluppare un meccanismo funzionale, in grado di fornire certezza giuridica, ridurre i costi di transazione e di conformità e creare incentivi per le imprese. A tal fine, l’economia intendeva creare un sistema che combinasse le norme internazionali sull'utilizzo delle risorse genetiche e della biodiversità e che offrisse una soluzione universale nonostante la sua natura non vincolante (in quanto decisione della COP).
Un meccanismo multilaterale con delle debolezze
A causa delle posizioni molto divergenti e del poco tempo a disposizione, queste proposte mirate non hanno potuto essere discusse in dettaglio alla COP16. Invece, si è deciso di adottare un approccio top-down, richiesto dai Paesi in via di sviluppo e sostenuto da alcuni Paesi europei, in modo da ottenere rapidamente dei risultati e mettere a disposizione le risorse finanziarie. Il nuovo meccanismo prevede che alcuni settori - che sono stati definiti in modo arbitrario - contribuiscano volontariamente con lo 0,1% del loro fatturato o con l'1% dei loro utili al nuovo «Fondo di Cali». Costi che, in ultima analisi, ricadranno sui consumatori. Ed ecco il dilemma: gli incentivi per indurre le imprese a partecipare volontariamente sono troppo scarsi, il numero di settori coinvolti è troppo ridotto e ci sono troppe eccezioni per creare un sistema funzionale. Invece di obblighi chiari, c'è la minaccia di un'implementazione frammentata, che potrebbe comportare elevati oneri aggiuntivi, in particolare in Europa, soggetta a un rischio competitivo globale soprattutto perché gli Stati Uniti non hanno ratificato la Convenzione sulla diversità biologica e Cina, India e Brasile si stanno posizionando come Paesi beneficiari. Per le imprese che si occupano di ricerca e sviluppo, il prelievo proposto corrisponde di fatto a una tassa senza controvalore. Un sistema parallelo senza una chiara demarcazione, o integrazione, degli obblighi nazionali e di altri meccanismi di compensazione internazionali comporta a un doppio onere finanziario, che colpisce in particolare i settori soggetti a una regolamentazione dei prezzi. L'industria della ricerca in Europa verrà attivamente rallentata.
Ecco di cosa abbiamo bisogno:
Un meccanismo multilaterale funzionale è essenziale per garantire una giusta compensazione per l’utilizzo della biodiversità e per distribuire equamente i costi. Sono quindi necessarie le seguenti misure:
- Regole chiare: linee guida chiare riducono al minimo il margine di interpretazione. Gli utenti tenuti a versare un contributo e le possibili eccezioni devono essere definiti chiaramente per garantire una concorrenza leale.
- Coordinamento internazionale e armonizzazione globale: obblighi uniformi creano condizioni di parità a livello mondiale e massimizzano la partecipazione delle imprese.
- Incentivi per le imprese: incentivi importanti sono l'inclusione delle risorse genetiche fisiche e l'esclusione di doppi pagamenti. Inoltre, i costi amministrativi devono essere contenuti e i fondi vanno utilizzati efficacemente per ottenere un ampio sostegno.
- Un’applicazione graduale: è più sensato introdurre un meccanismo semplice, accompagnato da analisi d'impatto complete, che implementare un sistema complesso e semplificarlo in seguito.