Accordo istituzionale Svizzera UE – domande e chiarimenti
Progetto di accordo istituzionale – contenuti e questioni principali
Struttura dell’accordo istituzionale
Il progetto di accordo si articola in diverse parti:
- Il testo dell’accordo (dall’art. 1 all’art. 22)
- L’allegato X contenente disposizioni settoriali relative alla regolamentazione degli aiuti di Stato in relazione all’accordo sul trasporto aereo.
- Il protocollo no 1 che concerne le regole applicabili per considerare le condizioni specifiche del mercato del lavoro svizzero (misure di accompagnamento o FlaM).
- Il protocollo no 2 che concerne le eccezioni per considerare le specificità concesse tra le parti contraenti nei settori della libera circolazione delle persone (assicurazioni sociali comprese), dei trasporti terrestri e del commercio di prodotti agricoli.
- Il protocollo no 3 che stabilisce la composizione, le competenze e le procedure del tribunale arbitrale.
- Tre dichiarazioni relative alla modernizzazione dell’accordo di libero scambio del 1972, al contributo al fondo di coesione e alle disposizioni concernenti gli aiuti di Stato in relazione all’accordo sul trasporto aereo. Sia l’allegato X che i protocolli sono parte integrante dell’accordo. Per quanto concerne le dichiarazioni, esse presentano soprattutto un interesse di natura politica.
La Svizzera e l’UE sono d’accordo sul testo dell’accordo, sui protocolli no 2 e 3 nonché sul contenuto delle dichiarazioni politiche. Secondo il Consiglio federale, le parti non sono, per contro, riuscite a mettersi d’accordo per quanto concerne le disposizioni specifiche relative al mercato del lavoro svizzero (misure di accompagnamento/protezione dei salari). Se ciò fosse stato il caso, queste questioni sarebbero state integrate nel protocollo no 2.
Campo d’applicazione e denuncia
L’accordo istituzionale concerne solo i cinque accordi esistenti di accesso al mercato del primo pacchetto dei bilaterali: libera circolazione delle persone, trasporti terrestri, trasporto aereo, ostacoli tecnici al commercio e agricoltura. Esso verrebbe applicato anche ai potenziali futuri accordi di accesso al mercato tra la Svizzera e l’UE (cf. art. 2), come un accordo sull’elettricità o ancora un accordo di libero scambio attualizzato (cf. spiegazioni politiche). Per regolare eventuali controversie, il Comitato misto previsto nell’accordo di libero scambio sarebbe abilitato ad appellarsi, di comune accordo tra le parti contraenti, al tribunale arbitrale previsto dall’accordo istituzionale.
L’accordo istituzionale decade sei mesi dopo la denuncia di una delle parti. Allo stesso momento decadrebbero anche tutti gli accordi di accesso al mercato stipulati dopo la conclusione dell’accordo istituzionale. Per gli accordi di accesso al mercato del primo pacchetto dei bilaterali, l’accordo istituzionale prevede un processo di consultazione di tre mesi per permettere alle parti di accordarsi sul proseguimento degli accordi. Se queste non dovessero trovare una soluzione, gli accordi non sarebbero più applicabili dopo un termine di sei mesi.
Questioni in sospeso
La limitazione della portata dell’accordo istituzionale a cinque accordi di accesso al mercato è molto importante. Inizialmente erano toccati tutti gli accordi bilaterali conclusi tra la Svizzera e l’UE, circa 140. La riduzione di questo numero chiarisce la situazione politica interna, diminuisce il potenziale di controversie e garantisce la certezza del diritto. Per quanto concerne il rischio di annullamento degli accordi di accesso al mercato coperti dall’accordo istituzionale in caso di denuncia di quest’ultimo, si pone la questione a sapere se questa clausola rappresenti un peggioramento o meno rispetto alla situazione attuale. Già gli accordi bilaterali I contengono una clausola ghigliottina. L’accordo istituzionale si rivela più flessibile: la proporzionalità delle misure di compensazione adottate da una parte in caso di mancato rispetto dell’altra parte di uno dei cinque accordi esistenti d’accesso al mercato, può essere esaminata nell’ambito del meccanismo di composizione delle controversie.
Evoluzione dinamica del diritto, interpretazione e sorveglianza
La Svizzera e l’UE si sono intese su un’evoluzione dinamica delle nuove disposizioni europee in relazione agli accordi di accesso al mercato coperti dall’accordo istituzionale. La Svizzera disporrà ogni volta di un termine di due anni per adattare il suo diritto.
Contrariamente ad una ripresa automatica del diritto, un’evoluzione dinamica rispetta i processi democratici svizzeri. In caso di referendum legislativo, il termine viene prolungato di un anno. La Svizzera si è impegnata a riprendere il diritto europeo relativo ai lavoratori distaccati entro un termine di tre anni dopo l’entrata in vigore dell’accordo istituzionale, conformemente alla proposta dell’UE nel protocollo no 1. Quale contropartita, essa sarà sistematicamente consultata, al pari degli Stati membri dell’UE, nell’elaborazione degli sviluppi del diritto in seno all’UE e potrà far valere i suoi interessi nell’ambito del diritto partecipativo («decision shaping»). Già oggi, la Svizzera è coinvolta nello sviluppo del diritto in relazione all’accordo sugli ostacoli tecnici al commercio.
Le eccezioni all’evoluzione dinamica del diritto sono contenute nei protocolli no 1 e 2. Esse garantiscono il mantenimento delle regole particolari tra la Svizzera e l’UE. Per la prima volta, l’UE si dimostra disposta ad inserire nell’accordo le misure della Svizzera per garantire e proteggere il livello dei salari. L’offerta dell’UE contiene essenzialmente la possibilità di un termine di preavviso (di quattro giorni lavorativi invece degli attuali otto e sulla base di un’analisi dei rischi), una cauzione e un obbligo di documentazione per gli indipendenti.
La Svizzera e l’UE interpretano gli accordi bilaterali in maniera autonoma («nel rispetto dei principi del diritto internazionale pubblico»), ma anche omogenea (cf. art. 4). Il diritto dell’UE ripreso negli accordi è interpretato conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), precedente o posteriore all’entrata in vigore dell’accordo istituzionale. Per quanto concerne la sorveglianza dell’applicazione degli accordi, si adotterebbe il modello a due pilastri già conosciuto dallo SEE: la Svizzera e l’UE sono ognuna responsabili dell’applicazione corretta degli accordi sui loro rispettivi territori.
Questioni in sospeso
L’impegno concluso per quanto concerne la ripresa dello sviluppo del diritto nell’ambito degli accordi di accesso al mercato può essere percepito come una limitazione del margine di manovra della Svizzera. Occorre però esaminare in maniera più approfondita se questa limitazione sia pertinente anche nei fatti. Coniugato al lavoro del tribunale arbitrale, lo sviluppo del diritto dovrebbe comportare, in primo luogo, un’armonizzazione depoliticizzata del diritto. Oggi, la Commissione europea può ad esempio ritardare o bloccare l’adeguamento dell’accordo relativo al reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità. Grazie all’evoluzione dinamica del diritto, questo non sarebbe per principio più possibile, altrimenti la Svizzera potrebbe portare una simile questione davanti al tribunale arbitrale. Tutto ciò rafforzerebbe dunque la certezza del diritto per le imprese.
Occorre inoltre chiedersi se i processi democratici svizzeri nella presa di decisione saranno rispettati nell’ambito di un’evoluzione dinamica del diritto. I termini previsti lo permettono in ogni caso. Secondo l’accordo istituzionale, la Svizzera dispone di un termine di due anni per integrare il diritto dell’UE nella sua legislazione, che può essere prolungato di un anno in caso di referendum. Già oggi, la ripresa automatica del diritto contenuto nell’accordo sul trasporto aereo non ha comportato nessun problema a livello di processo legislativo svizzero dopo l’entrata in vigore nel 2002 di questo accordo.
La valutazione dell’accordo istituzionale non deve far dimenticare che la Svizzera sarà in futuro sistematicamente consultata nell’ambito degli sviluppi del diritto dell’UE, ciò che le permetterà di far valere i suoi interessi già in uno stadio precoce («decision shaping»); inoltre i rappresentanti svizzeri potranno partecipare all’adozione delle regole dell’UE nei comitati dell’UE (comitologia). Occorre inoltre salutare positivamente il fatto che l’UE non rimette in discussione la stragrande maggioranza delle eccezioni alla ripresa dinamica del diritto definita negli Accordi bilaterali I. Che la Svizzera non abbia potuto ottenere un’esenzione completa della ripresa del diritto nell’ambito delle misure di accompagnamento non corrisponde alla linea rossa tracciata dal Consiglio federale nel mandato negoziale. Parallelamente l’importanza dei lavoratori distaccati sul livello dei salari in Svizzera non va sopravvalutata. Soltanto un apprezzamento adeguato di queste questioni nella loro globalità permetterà di proseguire la via bilaterale.
Dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, l’UE non fa più distinzioni tra il mercato interno, la giustizia, gli affari interni e quelli internazionali. Le direttive e i regolamenti europei possono dunque anche contenere delle regole che non interessano il mercato interno e gli accordi relativi all’accesso al mercato. La Svizzera dovrà stare attenta ad escludere la loro applicazione in occasione della ripresa del diritto. La pertinenza delle varie regole in un atto giuridico dell’UE per il mercato interno (che la Svizzera deve dunque riprendere obbligatoriamente se il campo d’applicazione dei cinque accordi ne è oggetto) può così essere valutata dal tribunale arbitrale. Occorre quindi esaminare se la limitazione agli Accordi bilaterali I e ai futuri accordi di accesso al mercato non funga già giuridicamente da ostacolo ad un potenziale “straripamento” dal campo d’applicazione.
Grafico 1
Composizione delle controversie
In caso di controversie, ad esempio a proposito del recepimento del diritto, il Comitato misto tenta di trovare una soluzione reciprocamente accettabile entro un termine di tre mesi. Se non viene trovata la soluzione, ogni parte può chiedere la costituzione di una corte arbitrale paritaria (cfr. art. 10 e protocollo no 3). Se il tribunale arbitrale decide che la controversia susciti una questione concernente il diritto dell’UE, il tribunale arbitrale si appella alla CGUE ed è legato dall’interpretazione di quest’ultima, in maniera analoga ad un procedimento pregiudiziale. La decisione adottata dal tribunale arbitrale è definitiva e vincolante. Se una parte non si conforma alla decisione del tribunale arbitrale, l’altra può adottare misure di compensazione. Queste misure possono a loro volta essere contestate davanti al tribunale arbitrale che ne esaminerà la proporzionalità.
La CGUE deve ancora approvare la regolamentazione sul tribunale arbitrale prevista nell’accordo istituzionale in relazione al ruolo che le è stato assegnato.
Questioni in sospeso
La questione centrale che si pone a proposito della procedura di arbitraggio è di sapere se essa migliora la posizione della Svizzera. Il meccanismo sul quale le parti si sono intese per regolare le controversie permette alla Svizzera di disporre di uno strumento per far valere efficacemente i propri interessi in relazione agli accordi di accesso ai relativi mercati. La certezza del diritto ne risulta rafforzata. Finora, questo non era possibile senza una soluzione reciprocamente accettabile in seno al Comitato misto competente. Anche l’esame della proporzionalità delle misure di compensazione nel caso in cui la decisione del tribunale arbitrale non fosse messa in atto è importante. Le misure di compensazione possono andare al massimo fino alla sospensione degli accordi. Una disdetta di questi ultimi è esclusa. Una sospensione di interi accordi da parte dell’UE non potrebbe essere ritenuta proporzionale nel caso in cui la Svizzera non volesse riprendere alcuni sviluppi del diritto dell’UE. È nella natura delle cose che l’intervento di un tribunale arbitrale sia visto da molti come un attacco alla sovranità nazionale. Questo aspetto dev’essere discusso accuratamente. Sulla base di una prima valutazione, la corte arbitrale paritaria è però conforme ai principi usuali del diritto internazionale pubblico. La Svizzera ha previsto simili procedure arbitrali in numerosi accordi.
Una questione contestata concerne la supposta parzialità della CGUE. Un’analisi di tutti i decreti della CGUE che hanno richiesto un’interpretazione degli accordi bilaterali Svizzera-UE mostra che la Corte di giustizia dà prova di obiettività e di imparzialità e che non attribuisce automaticamente torto alla Svizzera o alle persone o imprese che invocano – a sostegno dei loro ricorsi – il diritto di accesso al mercato garantito da un accordo. È chiaro che soltanto una procedura arbitrale politicamente indipendente sarebbe accettata dalle due parti. Il numero di possibili procedure di composizione delle controversie è difficile da stimare. Uno sguardo sui “conflitti” negli ultimi mostra che tendenzialmente si parla di numeri ridotti.
Grafico 2
Aiuti di Stato
Per sottoporre le imprese svizzere e quelle dell’UE a condizioni eque («level playing field») e non falsare la concorrenza sul mercato interno, l’accordo istituzionale contiene dei principi che regolano l’attribuzione degli aiuti di Stato (cf. art. 8A, 8B, 8C). Le disposizioni in materia si applicano all’accordo sul trasporto aereo in vigore e a tutti i futuri accordi di accesso al mercato (ad esempio l’accordo sull’elettricità). Esse non sono giuridicamente vincolanti e dunque sono applicabili solo in relazione alle disposizioni settoriali contenute nei vari accordi di accesso al mercato. Le eccezioni al divieto degli aiuti di Stato sono esplicitamente previste nell’accordo istituzionale (cf. art. 8, paragrafo 2, let. B). Ne fanno ad esempio parte gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo di regioni economicamente sfavorite o a promuovere la realizzazione di progetti importanti che servono l’interesse di un paese.
La Svizzera e l’UE sorvegliano il rispetto di questi principi in maniera autonoma. Le loro rispettive autorità di vigilanza sono indipendenti l’una dall’altra e il loro sistema di funzionamento è basato sul principio dell’equivalenza (modello a due pilastri). Un’autorità può ad esempio decidere in merito al rimborso di aiuti di Stato concessi illegalmente ad imprese o autorizzare gli aiuti previsti. Inoltre, sono previsti scambi regolari e trasparenti di informazioni tra le due autorità di vigilanza.
Per quanto concerne l’attuale accordo sul trasporto aereo, figurano nell’allegato X delle disposizioni specifiche del diritto europeo che riguardano gli aiuti di Stato e in futuro sono applicabili alla Svizzera.
Questioni in sospeso
L’allegato X riflette l’evoluzione del diritto europeo sugli aiuti di Stato dopo la conclusione dell’accordo sul trasporto aereo del 1999, che è così aggiornato al livello attuale della legislazione europea. Nonostante la lista dettagliata delle disposizioni, occorre distinguere le conseguenze teoricamente possibili degli effetti da quelle nella pratica. In teoria, ad esempio, le banche cantonali potrebbero essere toccate dalla «Comunicazione concernente il settore bancario» nell’ambito dell’accordo sul trasporto aereo. Ma esse sarebbero toccate solo in minima parte; sarebbe il caso ad esempio quando una banca cantonale che beneficia di una garanzia dello Stato concede un credito a una compagnia aerea (e non ad infrastrutture) i cui servizi rientrano nel campo d’applicazione dell’accordo sul trasporto aereo.
Quattro conclusioni possono già essere tratte a questo stadio:
1) i principi prevedono anche delle eccezioni al divieto degli aiuti di Stato;
2) le regole sugli aiuti di Stato non coperti da un accordo settoriale, quale l’accordo sul trasporto aereo, si applicano solo ai futuri accordi di accesso al mercato;
3) l’indipendenza della sorveglianza del rispetto delle regole sugli aiuti di Stato ha potuto essere preservata nell’accordo istituzionale. L’UE non dispone di nessuna competenza per sorvegliare la Svizzera;
4) dal punto di vista dell’economia, una maggiore trasparenza sulle sovvenzioni e gli aiuti di Stato è assolutamente auspicabile in Svizzera, anche per ragioni di politica interna.
Nondimeno, si impone un’analisi approfondita dei principi contenuti nell’accordo istituzionale per poter valutare il loro effetto sul diritto svizzero delle sovvenzioni e il sistema federale svizzero. Essa deve essere condotta considerando in particolare il fatto che l’accordo istituzionalesarà applicato anche a un accordo di libero scambio modernizzato. Le analisi ordinate dai cantoni nel 2017 sulle regole applicabili agli aiuti di Stato non si basano sul testo dell’accordo attualmente disponibile e necessitano dunque di un nuovo esame giuridico.
Spiegazioni politiche
In una dichiarazione congiunta, giuridicamente non vincolante, la Svizzera e l’UE affermano che occorre modernizzare l’accordo di libero scambio del 1972. Questa modernizzazione concerne in particolare i seguenti settori: l’accesso al mercato dei beni e dei servizi, le modalità d’applicazione delle misure di difesa commerciale, la semplificazione delle procedure doganali e delle regole d’origine, la protezione della proprietà intellettuale o ancora il miglioramento dei meccanismi di reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità. Se le due parti lo desiderano, sarà inoltre possibile ricorrere al meccanismo di composizione delle controversie a partire dalla conclusione dell’accordo istituzionale.
Le parti sottolineano inoltre l’importanza del contributo della Svizzera all’UE allargata e annunciano l’integrazione dell’allegato X sugli aiuti di Stato nell’accordo sul trasporto aereo.
Questioni in sospeso
L’annunciata modernizzazione dell’attuale accordo di libero scambio è un segnale importante per l’economia. Sono però necessari ulteriori chiarimenti da una parte e dall’altra sulla direzione generale della modernizzazione.
Altri temi centrali
Direttiva sulla cittadinanza europea
L’accordo non menziona la direttiva sulla cittadinanza europea. Ciò potrebbe lasciar supporre che l’UE esigerà in futuro la ripresa della direttiva da parte della Svizzera per adattare l’accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC) alle evoluzioni del diritto europeo. Ma non è certo. Quando l’ALC è stato concluso, il concetto della cittadinanza europea esisteva già, ma non è stato ripreso. L’allegato 1 dell’ALC elenca delle direttive che sono state sostituite dopo la direttiva sulla cittadinanza europea. Di conseguenza, è lecito supporre che solo alcune parti di questa direttiva siano interessate dall’evoluzione dinamica del diritto, e che altre non lo siano. I settori da riprendere devono avere un legame concreto con il mercato interno. Per il resto, l’accordo istituzionale non contiene alcuna disposizione che obbligherebbe la Svizzera a riprendere la direttiva. Questi settori concreti saranno oggetto di nuove trattative . Si può però partire dal presupposto che il diritto di voto e di eleggibilità concesso dalla direttiva ai cittadini di uno Stato membro in occasione delle elezioni comunali nel comune di domicilio, non dovrebbe essere ripreso. Da un punto di vista materiale, le differenze tra la direttiva sulla cittadinanza europea e l’ALC sono sopravvalutate. Per quanto concerne il diritto di soggiorno dei cittadini dell’UE e il loro diritto alle prestazioni dell’assicurazione sociale fino a cinque anni, la situazione giuridica nell’UE e in Svizzera è simile: il diritto di soggiorno e il diritto a prestazioni sociali sono subordinati a un contratto di lavoro esistente. La CGUE accorda agli Stati membri un ampio margine di manovra per trattare le domande di prestazioni sociali di cittadini economicamente non attivi di un altro Stato membro ed evitare così un’”immigrazione” nei loro sistemi sociali.
Aiuto sociale e direttiva sulla cittadinanza europea: giurisprudenza della CGUE
Nessuna immigrazione nei sistemi sociali
Uno Stato membro deve avere la possibilità di rifiutare la concessione di prestazioni sociali a cittadini dell’Unione economicamente inattivi che esercitano la loro libertà di circolare al solo scopo di ottenere dei benefici dall’assistenza sociale di un altro Stato membro - ha decretato la CGUE l’11 novembre 2014.
In relazione a ciò, la Corte ha confermato una decisione del Jobcenter di Lipsia, che aveva rifiutato di concedere prestazioni dell’assicurazione di base a una cittadina rumena e a suo figlio. Basandosi sulla direttiva sulla cittadinanza europea , la CGUE ha decretato che dei cittadini europei, economicamente non attivi, possano soggiornare legalmente in un altro Stato membro solo se dispongono di sufficienti risorse per i primi cinque anni. Lo scopo di questa regola è di evitare che dei cittadini economicamente non attivi sollecitino il sistema sociale dello Stato d’accoglienza per sopperire ai loro bisogni.
Con decreto del 15 settembre 2015, la Corte ha ritenuto che anche nel caso di cittadini europei alla ricerca di un impiego, sia possibile, in alcune circostanze, rifiutare il versamento di prestazioni sociali anche se queste ultime sono dovute ai cittadini dello Stato d’accoglienza.
Già oggi, i cittadini degli Stati membri dell’UE/AELS ricevono un permesso di domicilio dopo un soggiorno di cinque anni in Svizzera, conformemente alla legge federale sugli stranieri e la loro integrazione (LStrl) e agli accordi bilaterali. Con la ripresa della direttiva sulla cittadinanza europea, questo diritto sarebbe esteso a tutti gli altri Stati membri dell’UE. Le conseguenze di questo allargamento dovrebbero tuttavia essere contenute, poiché i cittadini dei paesi vicini (Germania, Francia, Italia e Austria), che formano il maggior contingente di immigrati, sono già autorizzati a stabilirsi in Svizzera in virtù degli accordi che sono stati conclusi con il loro paese.
Non è possibile al momento valutare definitivamente se l’espulsione di criminali cittadini di uno Stato membro dell’UE possa, se del caso, essere resa più difficoltosa a seguito della ripresa della direttiva sulla cittadinanza europea. Per attuare l’iniziativa sul rinvio, la Svizzera ha inasprito la sua prassi, con l’impatto che i cittadini dell’UE possono perdere il loro permesso di soggiorno o il loro permesso di domicilio in Svizzera dopo una condanna ad una pena privativa della libertà di oltre un anno . Secondo la direttiva sulla cittadinanza europea, l’allontanamento dal territorio di un cittadino dell’Unione o dei membri della sua famiglia che hanno acquisito un diritto di soggiorno permanente è vietato, tranne per motivi gravi di ordine pubblico o di sicurezza pubblica . I primi decreti del Tribunale federale sul rinvio di cittadini europei e l’applicazione della regola sui casi di rigore indicano che la prassi della Svizzera è conciliabile con il margine di valutazione concesso agli Stati membri dell’UE.
Distaccamento dei lavoratori vs. misure d’accompagnamento
Il protocollo no 1 prevede che la Svizzera applichi la direttiva 2018/957 sul distaccamento dei lavoratori stranieri e la direttiva 2014/67 sul controllo dell’applicazione nei tre anni successivi all’entrata in vigore dell’accordo istituzionale. Le modalità esatte dell’applicazione devono ancora essere chiarite mediante negoziati. Così, la direttiva sui lavoratori distaccati autorizza un distaccamento di dodici mesi nell’UE, mentre le prestazioni di servizi delle imprese straniere in Svizzera – e dunque il distaccamento – sono limitate a 90 giorni all’anno. In occasione della ripresa da parte della Svizzera della direttiva sui lavoratori distaccati, quest’ultima dovrebbe dunque essere adeguata o limitata.
In questo contesto, è importante costatare che l’UE accetti per la prima volta delle eccezioni all’acquis comunitario. E questo in contropartita alla ripresa dinamica della legislazione europea prevista nell’ambito della libera circolazione delle persone. L’accordo istituzionale prevede così le seguenti regole:
- Un periodo d’applicazione di quattro giorni feriali sulla base di un’analisi dei rischi obiettiva e settoriale.
- L’obbligo di deposito di una cauzione per le imprese che non hanno rispettato i loro obblighi finanziari in passato e
- Misure di lotta contro il lavoro dei falsi indipendenti.
Nella sua offerta, l’UE propone di mantenere le misure svizzere che non sono coperte dal diritto comunitario attuale. Le altre misure d’accompagnamento esistenti possono essere ampiamente comparate alla legislazione attuale dell’UE (in particolare la riveduta direttiva sui lavoratori distaccati). Esse non sarebbero però garantite dall’accordo istituzionale e sarebbero dunque sottoposte agli sviluppi giuridici o al meccanismo di composizione delle controversie. Sul piano del contenuto, tuttavia, queste ultime sono equivalenti alle misure in vigore nell’UE e il salario di base non è dunque minacciato. Inoltre, la Svizzera può continuare ad adottare misure d’accompagnamento per garantire il principio «A lavoro uguale, salario uguale». Essa può farlo a condizione che le nuove regole siano compatibili, non discriminatorie e proporzionate con la direttiva sui lavoratori distaccati e la direttiva d’applicazione di questi diritti .
I sindacati si oppongono a modifiche delle misure d’accompagnamento per il fatto che, senza queste, il livello dei salari in Svizzera crollerebbe per ampie cerchie di lavoratori. Tuttavia, vari studi hanno dimostrato unicamente effetti minimi a seguito della libera circolazione delle persone sul livello dei salari in Svizzera. Secondo i calcoli di Avenir Suisse, le prestazioni di brevi soggiorni in Svizzera rappresentano solo lo 0,7% dell’impiego totale. Il corrispondente impatto negativo sul livello dei salari in Svizzera dovrebbe dunque essere nettamente inferiore a quanto affermano gli ambienti sindacali. Del resto, dopo l’entrata in vigore dell’ALC in Svizzera, anche il livello dei salari più bassi è aumentato.
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Assicurazioni sociali
L’UE sta attualmente rivedendo il suo regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale 883/2004. Quest’ultimo è parte integrante dell’accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC – allegato 2) e regola il coordinamento dei diritti sociali dei lavoratori che operano in vari paesi europei che applicano la libera circolazione delle persone. Un punto essenziale concerne il cambiamento di competenza in materia di versamento delle prestazioni dell’assicurazione disoccupazione ai lavoratori frontalieri. La Svizzera, che conta 320'000 lavoratori frontalieri, è molto toccata da questo fenomeno. È la ragione per la quale essa vorrebbe che le assicurazioni sociali non siano tenute a riprendere le evoluzioni dinamiche del diritto, ciò che l’UE ha rifiutato. Dal momento che la revisione non è ancora ultimata, l’accordo istituzionale non menziona il coordinamento delle assicurazioni sociali. I negoziati in vista della ripresa del riveduto regolamento nell’accordo sulla libera circolazione delle persone potrebbero essere avviati nel 2020 . Nell’ambito di questo cambiamento del sistema, la Svizzera deve attendersi costi supplementari calcolati in centinaia di milioni di franchi. Se ciò dovesse avverarsi, bisognerà attendersi a medio termine un aumento dei contributi di disoccupazione alfine di preservare l’equilibrio finanziario di questa assicurazione.
Il cambiamento delle competenze per quanto concerne le prestazioni della disoccupazione a favore dei lavoratori frontalieri costituirà un punto importante dei negoziati sulle relazioni tra la Svizzera e l’UE, e ciò indipendentemente dai negoziati sull’accordo quadro.
Questioni in sospeso sugli altri temi centrali
Sussistono delle questioni anche per quanto concerne la direttiva sulla cittadinanza europea, le misure d’accompagnamento e le assicurazioni sociali. Bisogna dunque valutare gli effetti di un prevedibile sviluppo degli accordi in questi tre settori. Questi ultimi dipendono da una parte dai negoziati e dall’altra dalla portata giuridica dell’accordo istituzionale. Ad esempio non è possibile capire, nell’ambito della direttiva sulla cittadinanza europea, quali parti saranno effettivamente riprese dalla Svizzera.
Le parti contraenti sono d’accordo sulla necessità di mantenere la protezione dei lavoratori. Gli obiettivi delle misure d’accompagnamento, ossia impedire il dumping salariale e preservare il livello dei salari svizzeri, sono incontestati. Bisognerà valutare correttamente l’importanza sociale ed economica di questi obiettivi. Sapendo che la prestazione economica globale dei lavoratori distaccati rappresenta in media lo 0,7%, l’impatto di eventuali adattamenti delle misure di protezione dev’essere esaminato tenendo conto dell’importanza economica della via bilaterale. È su questa base che si tratterà in seguito di trovare delle soluzioni. È molto più importante valutare l’intervento rappresentato dalla ripresa, pure obbligatoria, della direttiva d’esecuzionenell’autonomia dei partner sociali. Le parti devono chiarirlo prima di firmare l’accordo istituzionale e forse anche precisare ufficialmente che la direttiva relativa ai lavoratori distaccati e la direttiva d’esecuzione non limitano il sistema dei controlli paritari dei partner sociali svizzeri (competenza di sorvegliare e sanzionare). Questo migliorerebbe notevolmente l’accettazione, in Svizzera, dell’accordo istituzionale.
Questioni analoghe si pongono nel campo delle assicurazioni sociali. Gli eventuali costi salariali devono essere valutati in maniera globale. Occorre inoltre riconsiderare gli eventuali sviluppi della regolamentazione. Le misure dell’UE contro il dumping salariale si sono di fatto avvicinate alle regole svizzere – un’evoluzione analoga non è esclusa nell’ambito delle assicurazioni sociali.