Troppo poca opposizione contro la provenienza statale
La prevista diminuzione del tasso d’interesse massimo per i crediti al consumo costituisce un esempio recente di questo interventismo ideologico. L’idea sembra allettante: se i consumatori devono sborsare di meno per i loro crediti, diminuisce il rischio di ulteriore indebitamento. La realtà è però un’altra: l’intervento parte da buone intenzioni, ma non permette di raggiungere l’obiettivo. Peggio, esso causa danni all’economia nel suo insieme. È questa la conclusione a cui è giunto uno studio commissionato dalla Segretaria di Stato dell’economia (Seco): bisognerebbe attendersi un netto calo del consumo indigeno e una diminuzione della crescita economica. Senza contare che l’impatto di questa limitazione su un indebitamento eccessivo sarebbe così minimo da non giustificare una restrizione della libertà contrattuale, della sovranità dei consumatori e della concorrenza (che funziona perfettamente). L’esame della solvibilità prescritto dalla legge è uno strumento nettamente migliore per lottare contro l’indebitamento eccessivo. Ridurre il tasso d’interesse massimo, per contro, sarebbe un errore. Questa misura limiterebbe la concorrenza tra gli operatori ed escluderebbe dall’offerta delle persone solvibili secondo la legge. La diminuzione del numero di operatori e un accesso più difficile al mercato per i nuovi concorrenti portano a prezzi superiori e a una scelta minore per i consumatori.
A furia di buone intenzioni noi, i consumatori, abbiamo sempre meno possibilità di esercitare il nostro libero arbitrio.
Quando lo Stato si immischia nella formazione di prezzi adeguati al mercato, tra l’offerta e la domanda, si finisce sempre in una cattiva gestione e in distorsioni del mercato. La Commissione della concorrenza (Comco) dovrebbe avere il compito di decidere contro indebite restrizioni nel campo della concorrenza.
Riducendo il tasso d’interesse massimo per i crediti al consumo, il legislatore mette sotto tutela sia i debitori, sia i creditori. Crediti a un tasso superiore sarebbero vietati, anche se le due parti fossero d’accordo. Fino a quando intendiamo proseguire così? Quale sarà il prossimo intervento? Quali comportamenti sono ritenuti rischiosi, irragionevoli o pessimi per la salute e dovrebbero essere vietati? A furia di buone intenzioni noi, i consumatori, abbiamo sempre meno possibilità di esercitare la nostra libera scelta. E se continueremo ad essere tutelati, giungeremo ben presto all’economia pianificata a lungo termine.
E concludo: considerati gli interventi statali in una società libera e nell’economia di mercato, sarebbe auspicabile un’opposizione molto più decisa.