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Imposizione minima dell’OCSE: garantire le entrate fiscali, preservare la competitività

A colpo d'occhio

La politica svizzera in materia di imposizione delle imprese è estremamente efficace. Lo dimostra il costante aumento delle entrate dell’imposta sulle persone giuridiche. Un ampio progetto fiscale dell’OCSE e dei paesi del G20 sta mettendo in subbuglio la fiscalità internazionale. L’imposizione minima prevista per le grandi imprese internazionali pone delle sfide alla Svizzera e alla sua fiscalità. Al termine di intense consultazioni, la Confederazione e i Cantoni hanno trovato una soluzione. Il 18 giugno 2023, il popolo si pronuncerà su questa questione.

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L’essenziale in breve

In futuro, le grandi imprese attive a livello internazionale saranno assoggettate ad un’imposizione minima del 15%. È quanto deciso da circa 140 nell’ambito di un progetto globale dell’OCSE/G20. Se la Svizzera non applicasse questa aliquota d’imposizione, altri paesi potrebbero prelevare la differenza. Il Consiglio federale, il Parlamento e i Cantoni non intendono regalare le entrate fiscali su un piatto d’argento ad altri Stati, e quindi desiderano applicare in Svizzera l’imposizione minima dell’OCSE. Con la riforma, le grandi imprese attive a livello internazionale pagherebbero un’imposta supplementare sul nostro territorio; quale contropartita, sarebbero al riparo da un’imposizione e da procedure fiscali supplementari all’estero. La riforma comporta una modifica della Costituzione che sarà posta in votazione il 18 giugno 2023.

L’introduzione di questa imposizione minima non porrà fine alla concorrenza internazionale tra piazze economiche. Come oggi, gli Stati si sforzeranno di attirare e mantenere sul loro territorio delle imprese che generano gettiti. La Svizzera lo ha fatto finora con molto successo. Soprattutto grazie ad una politica fiscale attrattiva il nostro paese è diventato, nel corso degli ultimi trent’anni, una delle piazze economiche più sviluppate al mondo. Di conseguenza, le imposte pagate dalle imprese sono fortemente aumentate. Esse hanno ampiamente finanziato lo sviluppo costante delle prestazioni dello Stato, ad esempio nell’ambito sociale e della formazione. Anche le famiglie svizzere beneficiano di questa “manna”. L’applicazione dell’imposizione minima dell’OCSE metterà a disposizione della Confederazione e dei Cantoni mezzi supplementari per garantire anche in futuro l’attrattività della Svizzera.

Posizione di economiesuisse

economiesuisse sostiene l’applicazione dell’imposizione minima dell’OCSE in Svizzera per le seguenti ragioni:

  • Entrate fiscali nelle casse della collettività in Svizzera invece che in quelle di altri paesi: dal momento che l’imposizione minima dell’OCSE comporta un aumento dell’imposizione delle imprese, è meglio che queste paghino le imposte supplementari in Svizzera – e non in un altro paese.
  • Implementazione mirata per le grandi imprese attive a livello internazionale: l’imposizione minima concerne esclusivamente le grandi imprese attive a livello internazionale. Per le PMI e le imprese attive a livello nazionale, non cambia nulla in materia d’imposizione.
  • Proteggere le imprese contro un’imposta supplementare all’estero: la trasposizione in Svizzera delle nuove regole dell’OCSE proteggerà le imprese interessate da un’imposizione e da procedure amministrative supplementari all’estero offrendo loro certezza di diritto.
  • Preservare l’attrattività della Svizzera: le entrate delle imposte sulle persone giuridiche aumentano a lungo termine soltanto se le imprese restano in Svizzera e continuano a svilupparsi. L’obiettivo deve consistere nel fatto che la Svizzera rimanga una delle piazze economiche più attrattive al mondo.
  • Cantoni forti per una Svizzera forte: nessuno conosce meglio la situazione e la struttura economica dei Cantoni stessi. Essi sono in grado di adottare le misure più efficaci di promozione per la piazza economica. Conoscono le caratteristiche della loro piazza e i settori in cui sono necessari dei miglioramenti. Tutta la Svizzera beneficia di Cantoni più attrattivi, dei loro contributi all’imposta federale diretta e degli importi che versano nell’ambito della perequazione finanziaria (NPC).
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Aumento d’imposta inevitabile per le grandi imprese attive a livello internazionale

Le grandi imprese attive a livello internazionale saranno assoggettate ad un’imposizione minima del 15% in ogni paese dove dispongono di una succursale. È quanto deciso dai 140 paesi di tutto il mondo nell’ambito di un progetto dell’OCSE/G20. Nessun paese è obbligato ad applicare l’imposizione minima; in questo senso la sovranità fiscale degli Stati è preservata. Ma, se un paese dovesse imporre le proprie imprese meno del 15%, altri Stati potrebbero prelevare la differenza.

Per la Svizzera la questione che si pone è dunque la seguente: le imprese in questione pagheranno le imposte supplementari in Svizzera o all’estero? Per il Consiglio federale e il Parlamento, la risposta è inequivocabile: la Svizzera non deve offrire entrate su un piatto d’argento ad altri paesi. Dal momento che l’imposizione per le imprese aumenterà in ogni caso, le entrate devono confluire nelle casse della Confederazione.

Le nuove regole concernono le imprese spesso molto redditizie la cui cifra d’affari mondiale è superiore a 750 milioni di euro. Se necessario, dev’essere dunque loro applicata un’imposta supplementare mirata allo scopo di raggiungere il livello d’imposizione del 15% richiesto dall’OCSE. Numerose grandi imprese dovranno così pagare più imposte. Ciononostante, anche l’economia sostiene questo progetto. Di fatto, applicando l’imposizione minima in Svizzera, le imprese interessate sono al riparo da un’imposizione supplementare e da procedure fiscali gravose all’estero.

La posta in gioco? Miliardi di franchi di entrate fiscali

La Svizzera beneficia oggi molto della sua attrattività. Le entrate derivanti dall’imposta federale sugli utili delle imprese sono fortemente progredite negli ultimi anni. Se nel 1990 le imprese contribuivano “solo” in ragione di un terzo alle entrate dell’imposta federale contro i due terzi delle economie domestiche, da qualche anno il loro apporto è superiore a quello delle persone fisiche. Nel 2023, la Confederazione dovrebbe ottenere circa 14 miliardi di franchi a titolo dell’imposta sulle persone giuridiche (cf. grafico 1).

La progressione delle entrate fiscali provenienti dalle imprese è il risultato di una politica fiscale coronata dal successo. Le riforme dell’imposizione delle imprese I (1998) e II (2011) nonché la RFFA (2020) hanno dato i loro frutti. Nel confronto internazionale, le entrate generate dalla fiscalità delle imprese sono evolute molto meglio in Svizzera rispetto ad altri paesi dell’OCSE (cf. grafico 2).

Un numero ridotto di aziende molto redditizie – il 2,8% del totale – paga attualmente il 90% delle imposte. Queste risorse contribuiscono in maniera significativa al finanziamento della collettività. Le spese annuali della Confederazione a favore della previdenza sociale sono aumentate negli ultimi vent’anni di 10 miliardi di franchi. Ciò corrisponde all’incirca alla progressione delle entrate fiscali annuali dell’imposta sulle persone giuridiche.

Grafico 1: Dal 1990, le entrate dell’imposta federale sugli utili sono aumentate molto più rapidamente di quelle dell’imposta sul reddito a carico delle persone fisiche.

Aumento sovraproporzionato dell'imposta sugli utili rispetto a quella sui redditi a livello federale

Il progetto dell’OCSE minaccia il modello al quale la Svizzera deve il suo successo. Il nostro paese si indebolisce se confrontato alla concorrenza internazionale tra piazze economiche. L’imposizione minima riduce di fatto i vantaggi fiscali tradizionali della Svizzera. Parallelamente, gli inconvenienti della nostra piazza, ossia i suoi costi elevati e il franco forte, restano costanti. I costi della manodopera, i prezzi del settore immobiliare e di numerosi prodotti intermedi di cui le imprese hanno bisogno sono nettamente più elevati in Svizzera che altrove. Le piazze economiche concorrenti sono spesso più vantaggiose. Dunque, nel suo rapporto esplicativo, a giusta ragione il Consiglio federale se ne preoccupa: «la competitività, gli impieghi e le entrate fiscali della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni sono [...] rimessi in discussione».

Come può la Svizzera mantenere la ricchezza del suo tessuto economico attuale con l’imposizione minima? Rinunciare ad applicare l’imposizione minima non è una soluzione. Le regole dell’OCSE sono concepite in modo che le imprese siano imposte più pesantemente all’estero (cf. capitolo 2). È così tanto più decisivo attuare la regolamentazione in Svizzera, nella maniera più mirata il possibile (cf. capitolo 3).

Le entrate supplementari che spetteranno alla Svizzera potranno essere investite dalla Confederazione e dai Cantoni nell’attrattività della piazza economica (cf. capitolo 4). Simili investimenti sono il mezzo migliore per evitare che l’economia svizzera subisca dei danni. L’applicazione dell’imposizione minima è nell’interesse comune. Sono in gioco decine di migliaia di impieghi, investimenti per miliardi nella ricerca e nello sviluppo, importanti capacità d’esportazione per un mercato di piccole dimensioni, entrate fiscali elevate destinate a finanziare la sicurezza sociale ed altri importanti compiti dello Stato.

Grafico 2: La quota delle imposte sulle persone giuridiche al totale delle entrate fiscali della Svizzera è nettamente aumentata dopo gli anni ’90. Nel 2021, essa ha raggiunto nel nostro paese il 10,8%, mentre la media dei paesi dell’OCSE si situa al 7,9%. Lo dobbiamo anche ad una politica fiscale coronata dal successo.

Confronto internazionale del gettito fiscale generato dalle imprese
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Nuova architettura fiscale mondiale dell’OCSE/G20

Il progetto fiscale dell’OCSE/G20 è stato lanciato a seguito di un conflitto sull’imposizione dei grandi gruppi digitali. Nella misura in cui la creazione di valore di questi gruppi ha luogo in gran parte negli Stati Uniti (la maggioranza degli ingegneri informatici, degli sviluppatori, dei programmatori, degli analisti di dati e degli specialisti di marketing si trovano lì), essi pagano quasi la totalità delle imposte sull’utile in questo paese. Scontenti di questa situazione, i grandi paesi emergenti nonché numerosi Stati membri dell’UE hanno introdotto unilateralmente delle imposte digitali di un nuovo genere con lo scopo di assicurarsi una parte della torta fiscale. Gli Stati Uniti ritengono queste imposte speciali discriminatorie ed hanno annunciato l’applicazione di sovrattasse doganali contro quegli Stati che applicano imposte sul digitale. Per evitare un conflitto commerciale e stabilizzare il diritto fiscale internazionale, il G20, composto dai diciannove più grandi paesi industrializzati ed emergenti e dell’UE, ha incaricato l’Organizzazione di cooperazione e sviluppo economico (OCSE) di negoziare un nuovo consenso fiscale a livello internazionale.

Nel 2021, nell’«OCSE/G20 Inclusive Framework», si sono infine messi d’accordo circa 140 Stati su un progetto basato su due pilastri. In risposta alla crescente digitalizzazione, il pilastro 1 prevede che le circa 100 imprese più grandi e più redditizie del mondo paghino delle imposte su una parte dei loro utili negli Stati in cui vengono venduti i loro prodotti e servizi (cf. riquadro). L’implementazione di questo pilastro 1, estremamente complessa, ha accumulato ritardo, principalmente per ragioni politiche, ma anche a seguito di importanti ostacoli tecnici.

Il pilastro 2 risponde alle critiche internazionali nei confronti della concorrenza fiscale. Tutti i paesi si sforzano di attirare imprese molto redditizie che propongono impieghi di qualità, investono somme importanti nella ricerca e contribuiscono così al benessere della popolazione. La Svizzera ha ottenuto molto successo su questo piano, grazie tra l’altro alla sua politica fiscale attrattiva (cf. capitolo 1). Numerosi Stati dalla fiscalità elevata ritengono di essere svantaggiati rispetto a Stati attrattivi come la Svizzera. Nell’ambito del progetto dell’OCSE/G20, si è dunque deciso di mettere in atto il pilastro 2, che prevede un’imposizione minima globale del 15%. Gli Stati dalla fiscalità elevata sperano così di limitare la concorrenza fiscale.

Grafico 3: Nonostante il loro piccolo numero, le imprese attive a livello internazionale sono decisive per l’economia svizzera.

Importanze delle imprese attive a livello internazionale per la Svizzera nel 2021

Le tre principali caratteristiche dell’imposizione minima dell’OCSE (pilastro 2)

1) Interessate solo le grandi imprese attive a livello internazionale

L’accordo globale del 2021 prevede che l’imposizione minima si applichi unicamente alle grandi imprese attive a livello internazionale la cui cifra d’affari globale raggiunge almeno i 750 milioni di euro. Le PMI e le imprese attive unicamente a livello nazionale non saranno assoggettate.

In Svizzera, le grandi imprese attive a livello internazionale sono numerose: l’imposizione minima concerne un po’ più di 200 grandi imprese attive a livello internazionale che hanno la loro sede principale in Svizzera, nonché circa 2000 succursali di imprese straniere. Il peso economico delle imprese interessate è considerevole. Secondo le statistiche federali, nel 2021 risiedevano in Svizzera 843 grandi imprese attive a livello internazionale con più di 250 dipendenti. In totale, esse occupano oltre 1,2 milioni di persone, ossia più di un quarto di tutti i lavoratori del paese. Il contributo fiscale di queste imprese è importante – nel 2018, le imprese attive a livello internazionale hanno pagato circa il 57% del totale delle imposte sulle persone giuridiche . Le grandi imprese interessate sono dunque estremamente importanti per la creazione di valore, l’impiego e le entrate fiscali della Svizzera (cf. grafico 3).

Grafico 4: A seguito delle misure di sgravio fiscale introdotte nel 2020 nell’ambito del progetto RFFA (Riforma fiscale e finanziamento dell'AVS) potrebbe verificarsi in tutti i Cantoni un’imposizione inferiore al 15%.

Aliquota d'imposta media dell'utile nei Cantoni e aliquota minima dopo la Riforma fiscale e finanziamento dell'AVS (RFFA)

Grafico 5: Soltanto un’applicazione dell’imposizione minima in Svizzera permetterà di evitare la fuga di gettiti fiscali all’estero.

Funzionamento dell'imposizione minima dell'OCSE

2) Tutti i Cantoni sono interessati

L’OCSE prescrive non solo un’aliquota d’imposizione minima del 15%, ma introduce anche nuove regole per determinare l’utile imponibile. Le regole di calcolo dell’utile variano di fatto fortemente da uno Stato all’altro. Le differenze sono dovute, ad esempio, alle deduzioni fiscali o al momento in cui determinati redditi vengono imposti. Per applicare l’imposizione minima in modo uniforme, l'OCSE ha quindi stabilito nuove regole di calcolo degli utili, che differiscono notevolmente dalle regole svizzere. Di conseguenza, le aliquote fiscali ufficiali ("legali") non sono sufficienti per stabilire se un’impresa rispetta o meno l'imposizione minima. Anche se l'onere fiscale previsto dalla legge svizzera è superiore al 15%, l'onere fiscale effettivo previsto dall'OCSE può essere inferiore. Ecco alcuni esempi:

  • Scenario A: un’impresa innovativa con sede in un Cantone dalla fiscalità elevata (aliquota d’imposizione superiore al 15%) utilizza la patent box. Le regole dell’OCSE non prevedono questo sgravio fiscale. Dunque, l’utile secondo l’OCSE è più elevato dell’utile calcolato secondo le regole svizzere. Così, nonostante il domicilio in un Cantone dalla fiscalità elevata, l’impresa che paga delle imposte sull’utile calcolate secondo le regole svizzere (più vantaggiose) non raggiunge l’imposizione minima prevista.
  • Scenario B: un’impresa con sede in un Cantone dalla fiscalità bassa (aliquota inferiore al 15%) dispone di vari siti di produzione all’estero. All’estero vengono prelevate imposte alla fonte sui pagamenti effettuati dalle filiali estere alla società madre svizzera (ad esempio per diritti per l’utilizzo delle tecnologie messe a disposizione dalla società madre). L’OCSE attribuisce queste imposte alla fonte alla sede centrale, in questo caso la Svizzera. Con simili complementi, l’onere fiscale può superare il 15%, anche in un Cantone dall’imposizione bassa.
  • Scenario C: un’impresa del settore finanziario deve ammortizzare una partecipazione presso una sua filiale. La Svizzera tiene conto di questi ammortamenti nell’ambito del calcolo dell’utile imponibile – l’ammontare dell’imposta dovuta dall’impresa è ridotto. Se la partecipazione viene rivalutata in un anno successivo, aumenta anche il reddito imponibile (e quindi l'imposta dovuta). Il calcolo dell'OCSE è diverso. Non tiene conto né dell'ammortamento delle partecipazioni né delle plusvalenze nel determinare l'utile. Questa differenza di trattamento fa sì che le imposte pagate dall’impresa scendano sotto la soglia del 15% nell'anno in cui la partecipazione viene svalutata (l'utile calcolato dall'OCSE è più alto). Poi, nell'anno in cui viene rivalutata, le imposte pagate in Svizzera superano il 15% (l'utile OCSE è inferiore). Poiché i metodi di calcolo sono diversi, tali variazioni da un anno all'altro sono da aspettarsi regolarmente.

Siccome l’imposizione minima varia da un caso all’altro, tutti i Cantoni sono per principio interessati. In tutta la Svizzera vi sarebbero delle imprese il cui onere fiscale, determinato secondo le regole dell’OCSE, potrebbe essere inferiore al 15%.

Tabella 1: Siccome l’utile secondo l’OCSE diverge dall’utile imponibile in Svizzera, le aliquote d’imposizione dei Cantoni non sono un buon indicatore per sapere se vi risiedono delle imprese toccate.

Differenze nell'onere fiscale: esempi

3) L’adozione volontaria dell’imposizione minima è nell’interesse della Svizzera

L’imposizione minima dell’OCSE non si basa su una convenzione internazionale vincolante. Ogni Stato può decidere autonomamente se applicarla o meno. Ma se uno Stato non applica queste regole, deve accettare che altri Stati compensino la differenza quando l'onere fiscale è inferiore alla soglia definita. È quindi nell'interesse dei singoli Stati attuare e garantire un’imposizione minima. Quasi nessuno Stato accetta di cedere parte della propria base imponibile ad altri paesi. È probabile che l’imposizione minima venga implementata su larga scala a livello internazionale.

I preparativi in vista dell’adozione sono ben avanzati in numerosi paesi. Già nel dicembre 2021, la Commissione europea aveva proposto una direttiva sull’imposizione minima. Quest’ultima è stata adottata all’unanimità da tutti gli Stati membri dell’UE il 12 dicembre 2022. L’entrata in vigore è prevista a partire dal 2024. Al di fuori dell’UE, la Svizzera e sette altri Stati hanno presentato dei progetti di legge o messo in atto delle consultazioni (Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Hong Kong, Singapore, Emirati Arabi Uniti); in altri Stati sono in corso delle discussioni. Gli sviluppi mostrano chiaramente che è anche nell’interesse della Svizzera essere pronta ad applicare l’imposizione minima a partire dal 2024.

Grafico 6: Numerosi paesi dell’UE hanno introdotto unilateralmente delle imposte sul digitale. Gli Stati Uniti ritengono che queste imposte sfavoriscano i gruppi digitali americani e questo rischierebbe di condurre a un conflitto commerciale. Il G20 ha dunque incaricato l’OCSE di elaborare un consenso mondiale.

Imposizione diretta dell'economia digitale in Europa

Cosa avverrebbe se la Svizzera non applicasse l’imposizione minima dell’OCSE?

Gli Stati membri dell'UE hanno già deciso in modo vincolante di introdurre l’imposizione minima OCSE a partire dal 2024. È probabile che altri paesi seguano l'esempio. I paesi che implementano l’imposizione minima potranno imporre un'imposta supplementare alle grandi società interessate se alcune delle loro entità domiciliate in Svizzera o altrove sono imposte a meno del 15%. Dunque se una società svizzera A, con un fatturato complessivo di almeno 750 milioni di euro, dispone di una filiale B in un paese che applica l’imposizione minima, l'autorità fiscale di quel paese determinerà l'onere fiscale effettivo in Svizzera secondo le regole dell'OCSE. Se l'onere fiscale della società svizzera A è inferiore al 15%, lo Stato in cui si trova la filiale B le chiederà di pagare un'imposta supplementare (denominata «top-up tax» in inglese). L’autorità fiscale straniera riceverà le informazioni necessarie attraverso l’«Information Return», un documento che devono fornire le imprese assoggettate all’imposizione minima.

Per le imprese interessate, la mancata applicazione dell’imposizione minima in Svizzera sarebbe innanzitutto fonte di grande incertezza giuridica, in quanto l’imposizione minima non verrebbe effettuata direttamente dalla Svizzera ma, a seconda dei casi, da una moltitudine di autorità fiscali estere. Ciò aumenterebbe notevolmente l'onere amministrativo e il rischio di doppia imposizione e sovraimposizione. In ogni caso, le imprese interessate dovrebbero sostenere l'imposta supplementare per raggiungere il livello minimo del 15%. Se la Svizzera non dovesse implementare l’imposizione minima, non raccoglierà alcuna imposta supplementare e cederà una base imponibile ad altri Stati.

Cosa avverrebbe se la Svizzera applicasse l’imposizione minima dell’OCSE?

Le grandi imprese attive a livello internazionale saranno assoggettate a un'imposta supplementare nazionale in Svizzera. Ciò garantirà il raggiungimento dell'aliquota fiscale minima OCSE del 15% laddove l'aliquota fiscale ordinaria è inferiore (cfr. grafico 8). L'imposta supplementare sarà calcolata e riscossa dai Cantoni. L'autorità competente sarà probabilmente l'autorità fiscale del Cantone in cui si trova la sede principale dell’impresa. L'imposta supplementare sostituisce un'imposta complementare estera. Dal momento che la Svizzera garantisce un'imposizione minima, il diritto degli Stati esteri di imporre tale imposta scompare in conformità al meccanismo dell'OCSE. Le aziende sono quindi protette da procedure fiscali aggiuntive e da un'ulteriore imposizione all'estero. La certezza del diritto per le imprese è garantita. L'imposta supplementare ha anche il vantaggio che gli importi aggiuntivi da pagare per rispettare l’imposizione minima rimangono in Svizzera e non vengono riscossi da altri Stati.

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Applicazione dell’imposizione minima dell’OCSE in Svizzera

L'attuazione dell’imposizione minima OCSE pone molte sfide. Una delle difficoltà è il suo ambizioso calendario. L'UE prevede di introdurre l’imposizione minima a partire dal 2024. Diversi Stati hanno annunciato l'intenzione di adattarsi a queste tempistiche. La Svizzera deve prepararsi. Prevedendo tempi stretti, il Consiglio federale ha proposto nel gennaio 2022 un approccio in più fasi.

In un primo tempo, il Parlamento federale ha adottato una nuova disposizione costituzionale che permette un’«imposizione particolare dei grandi gruppi aziendali». È in particolare necessario modificare la Costituzione federale, poiché questa prescrive attualmente la parità di trattamento delle imprese. Siccome si tratta di una modifica costituzionale, popolo e Cantoni dovranno pronunciarsi: la votazione popolare avrà luogo il 18 giugno 2023. Se la modifica della Costituzione sarà accettata, il Consiglio federale metterà in seguito in vigore l’imposizione minima tramite ordinanza. Le disposizioni transitorie a livello della Costituzione definiscono le principali linee direttive. Il Consiglio federale fisserà la data d’entrata in vigore tenendo conto degli sviluppi internazionali.

In una seconda fase, le disposizioni transitorie della Costituzione e l'ordinanza temporanea saranno sostituite da una legge federale ordinaria. Il Consiglio federale presenterà un progetto di legge al Parlamento al più tardi dopo sei anni. È ragionevole concedere tempo per legiferare, poiché l’imposizione minima è ancora un territorio inesplorato e sarà così possibile tener conto dell'esperienza pratica. Se necessario, sarà possibile adeguare nuovamente tutti i parametri importanti dell’imposizione minima svizzera.

Grafico 7: La procedura prevista, sotto forma di disposizioni transitorie e di un’ordinanza temporanea, permette di attuare l’imposizione minima nei tempi voluti ed impedisce la fuga di substrato fiscale svizzero all’estero.

Applicazione a tappe dell'imposta minima dell'OSCE in Svizzera

Le tre principali caratteristiche dell’imposizione minima svizzera

1) L’imposta supplementare è applicata unicamente alle grandi imprese attive a livello internazionale

L’imposizione minima viene applicata in modo mirato. Viene introdotta una cosiddetta «imposta supplementare» per colmare il divario tra l’imposizione svizzera (ordinaria) e l’imposizione minima OCSE. Questa imposta supplementare si basa direttamente sulle disposizioni OCSE in materia e le applica in modo identico. Sono interessate solo le grandi imprese attive a livello internazionale e l'imposta supplementare viene applicata solo se in Svizzera non si raggiunge l'aliquota fiscale OCSE del 15%. Questa imposta supplementare garantisce che le imprese interessate possano continuare ad adempiere pienamente ai loro obblighi fiscali nei confronti delle autorità fiscali svizzere. In questo modo si evitano procedimenti fiscali e ulteriori imposte all'estero.

Le PMI e le aziende che operano solo su scala nazionale non sono interessate da questa riforma. Queste aziende continueranno a essere sottoposte solo alle imposte ordinarie sul reddito a livello federale e cantonale. Ciò significa che le grandi imprese attive a livello internazionale e le imprese svizzere non saranno più trattate in modo uguale in termini di imposizione. Questo allontanamento dal principio della parità di trattamento è uno dei motivi principali per cui è necessaria una modifica della Costituzione federale per attuare l’imposizione minima.

Grafico 8: L’imposta supplementare prevista si applicherà ad una differenza. Di fatto, se l’imposizione effettiva in Svizzera è inferiore al 15% secondo il calcolo dell’OCSE, un’imposta supplementare sarà prelevata in ragione di questa differenza.

Imposta supplementare

2) Riscossione da parte dei Cantoni

Formalmente, l'imposta supplementare è un'imposta federale. Uno dei motivi principali è che l'imposizione minima OCSE si basa su un approccio per paese. L'onere fiscale medio in Svizzera è quindi determinante per il calcolo dell'imposta minima. Le regole dell'OCSE richiedono un coordinamento intercantonale per le imprese che operano in più Cantoni. Solo così sarà possibile calcolare l'imposta supplementare. Inoltre può essere un vantaggio la possibilità per la Svizzera di dimostrare alle autorità fiscali estere, sulla base delle norme federali, che le grandi aziende pagano almeno il 15% di imposte.

Una caratteristica di un'imposta federale, però, è che viene riscossa in modo uniforme in tutta la Svizzera. L'attuale imposta federale sugli utili dell'8,5% è uguale per tutte le imprese, indipendentemente dal Cantone in cui hanno sede. L'imposta supplementare non funzionerà in questo modo. Un'azienda con un carico fiscale elevato in un Cantone pagherà un'imposta supplementare minima o nulla. Al contrario, l'imposta supplementare sarà più alta in un Cantone a bassa imposizione. L'imposta varierà quindi da Cantone a Cantone, il che non è l'essenza di un'imposta federale. L'imposta supplementare dipenderà dalla pressione fiscale di ciascun Cantone. L'imposta minima ha quindi un carattere cantonale, che si riflette anche nel fatto che i Cantoni fissano le loro aliquote d'imposta sulle persone giuridiche in modo indipendente. Se un Cantone a bassa imposizione aumenta la propria aliquota fiscale, l'imposta supplementare può essere parzialmente o completamente evitata. L'assoggettamento di un’impresa all'imposta supplementare dipende quindi dalla situazione di ciascun Cantone. Per sua natura, l'imposta supplementare è cantonale. È quindi giusto che siano i Cantoni a implementare l'imposta supplementare e che la maggior parte del gettito spetti loro.

I Cantoni saranno responsabili dell’imposizione e della riscossione dell'imposta secondo l'attuale ripartizione delle competenze. In base alle norme attuali, i Cantoni sono responsabili dell'accertamento e della riscossione dell'imposta sul reddito delle imprese per loro stessi e per la Confederazione. Questa ripartizione delle competenze viene mantenuta per l'imposta supplementare.

Le entrate generate saranno ripartite tra la Confederazione e i Cantoni. Sulla base di un compromesso negoziato dai rappresentanti della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni, il Parlamento federale ha deciso che il 25% del gettito andrà alla Confederazione e che i Cantoni potranno trattenere il restante 75%. Inoltre, i Cantoni prevedono una quota adeguata del gettito dell'imposta supplementare per le Città e i Comuni.

L'introduzione dell'imposta supplementare è particolarmente impegnativa per i Cantoni con un'elevata forza economica, dove il numero di imprese interessate è elevato. La maggior parte di questi Cantoni si contraddistingue per una bassa fiscalità. L'implementazione dell'imposizione minima ridurrà il tradizionale vantaggio fiscale di questi Cantoni rispetto ad altre piazze. In confronto, le piazze economiche estere con un livello di costi generalmente più basso diventeranno più attrattive. Con il passare del tempo, c'è il rischio che il numero di aziende situate in questi Cantoni diminuisca o si ridimensioni. Un tale sviluppo non riguarderebbe solo i Cantoni interessati, ma l'intera Svizzera. I Cantoni con un'elevata capacità economica sono all’origine della gran parte del gettito fiscale delle imprese versato alla Confederazione (cfr. grafico 9). L’imposizione minima potrebbe quindi cambiare questa situazione (cfr. grafico 1). Ne risentirebbero anche i Cantoni con capacità economica inferiore, che ogni anno ricevono ingenti trasferimenti dai Cantoni con capacità economica superiore attraverso il meccanismo di ridistribuzione della perequazione finanziaria e della ripartizione dei compiti (NPC).

La chiave di ripartizione decisa dal Parlamento federale prevede che i Cantoni con un numero elevato di aziende interessate riceveranno un gettito maggiore dall'imposta supplementare. Questi Cantoni potranno utilizzare il gettito per compensare la perdita di attrattività fiscale. Le misure di promozione della piazza economica riducono il rischio che le imprese attualmente attive si trasferiscano altrove (cfr. capitolo 4).

Grafico 9: Più del 60% dell’imposta federale sull’utile è generata da soli cinque Cantoni (ZH, VD, ZG, GE, BS). È dunque nell’interesse della Confederazione che questi Cantoni economicamente forti preservino la loro competitività economica.

Contributo dei Cantoni all'imposta federale sugli utili, 2019

3) Ridistribuzione attraverso la perequazione finanziaria e della ripartizione dei compiti (NPC)

Le entrate dell'imposta supplementare saranno prese in considerazione per la NPC. La ridistribuzione dai Cantoni finanziariamente forti a quelli deboli sarà rafforzata. Quasi tutti i Cantoni con un'elevata capacità economica contribuiranno maggiormente alla NPC. Anche la Confederazione aumenterà i suoi versamenti alla NPC. Nell’altro senso, i Cantoni con minore capacità economica riceveranno contributi più elevati (cfr. grafico 10). In questo modo si garantisce una distribuzione equilibrata delle entrate. Il sistema di perequazione finanziaria della Svizzera, in cui i Cantoni con un'elevata capacità economica si assumono la responsabilità finanziaria dei Cantoni più deboli e forniscono alla Confederazione un notevole gettito fiscale, viene mantenuto.

Grafico 10: Le entrate supplementari generate dai Cantoni a titolo dell’imposta supplementare saranno prese in considerazione nella NPC. La ridistribuzione intercantonale aumenterà. I Cantoni a forte capacità economica e la Confederazione verseranno dei contributi superiori, i Cantoni meno forti riceveranno importi superiori.

Ridistribuzione aggiuntiva nell'ottica della perequazione finanziaria nazionale (PFN)

Entrate supplementari a lungo termine a condizione che la Svizzera resti attrattiva

Secondo il Consiglio federale, le entrate supplementari che la Svizzera trarrà dall’imposta supplementare nel corso dei primi anni ammonteranno tra 1 e 2,5 miliardi di franchi all’anno. Le sue stime si basano sull’ipotesi che le imprese non modifichino le loro prassi a seguito della nuova situazione fiscale – e che continuino ad esempio a realizzare nuovi investimenti nelle proporzioni attuali. Tuttavia, si sa che se condizioni quadro importanti peggiorano, come la fiscalità, le imprese modificano il loro comportamento in materia di investimenti. Uno studio realizzato da economisti dell’Amministrazione federale delle contribuzioni e fondato sui dati svizzeri, conclude così che un aumento d’imposta dell’1% comporta una diminuzione degli utili imponibili delle imprese dello 0,82%. I cambiamenti di comportamento delle imprese consistono ad esempio nel realizzare nuovi investimenti nei luoghi in cui i costi della manodopera e del settore immobiliare sono meno elevati. Occorre attendersi che le imprese reagiscano ai cambiamenti fiscali e modifichino il loro comportamento.

Il rapporto esplicativo del Consiglio federale in relazione alla consultazione sul progetto di attuazione dell’imposizione minima (Messaggio relativo al decreto federale concernente un’imposizione speciale dei grandi gruppi di imprese, pagina 49) della primavera 2022 indica a tale proposito: «L’aumento delle entrate per l’insieme delle collettività pubbliche è più improbabile se si tiene conto dei cambiamenti di comportamento degli altri Stati ed imprese estere.» Così, «(...) l’aumento delle entrate legate all’imposta supplementare svizzera è compromesso a lungo termine, poiché le imprese potrebbero prendere decisioni di investimento sfavorevoli alla Svizzera.»

avenir suisse ha stimato le conseguenze della riforma sulle entrate dell’imposta sull’utile dei Cantoni basandosi su diversi adattamenti del comportamento. Alcuni Cantoni potrebbero così vedere le loro entrate relative all’imposta sull’utile diminuire del 13% (avenir suisse, 2022, p.19). Tutta la Svizzera sarebbe colpita da una simile evoluzione. Di fatto, anche le entrate fiscali della Confederazione e i versamenti a favore della NPC diminuirebbero.

L’Irlanda si trova in una situazione analoga a quella della Svizzera. Secondo lo Stato irlandese, non è certo che il progetto fiscale dell’OCSE sfoci in entrate supplementari. Il Governo ha dunque deciso di rinunciare ad introdurre un nuovo meccanismo di ripartizione nazionale. In Svizzera, il dibattito politico si è finora focalizzato esclusivamente sulla questione della ripartizione. A lungo termine, ci si può attendere un aumento delle entrate solo se le imprese interessate dall’imposizione minima restano in Svizzera e continuano a sviluppare le loro attività nelle proporzioni attuali.

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Obiettivo: mantenere l’attrattività, garantire le entrate fiscali

La Svizzera è una delle principali piazze economiche al mondo. Una delle ragioni è l’onere fiscale attrattivo nel confronto internazionale. L’imposizione minima dell’OCSE relativizzerà questo vantaggio. Il vantaggio sugli Stati dalla fiscalità elevata diminuisce, un criterio di differenziazione perde peso. La limitazione della concorrenza fiscale è l’obiettivo dichiarato del progetto dell’OCSE (cf. capitolo 2).

Dalla concorrenza fiscale alla concorrenza tra piazze

L'armonizzazione internazionale dell’imposizione delle grandi imprese attribuisce un’importanza maggiore ad altri fattori di localizzazione. Secondo il Global Competitiveness Index (GCI) del World Economic Forum, la Svizzera è forte in termini di infrastruttura (4o posto), di mercato del lavoro aperto e liberale (2o posto), di sistema di formazione (1° posto), di indebitamento (1° posto) e di stabilità macroeconomica e politica (rispettivamente 1° e 4° posto).

D'altra parte, il suo piccolo mercato interno (39° posto) costituisce uno svantaggio. L'economia svizzera è quindi necessariamente molto orientata all'esportazione. Il fatto che così tante aziende attive a livello internazionale abbiano sede in Svizzera non è scontato. Queste aziende sono qui perché la Svizzera è una base attrattiva per conquistare i mercati globali. Il libero accesso ai grandi mercati è quindi essenziale. Ma in tempi di pandemie, guerre e crisi energetica, la situazione geopolitica è tutt'altro che favorevole al libero scambio. Le grandi potenze economiche si orientano attualmente all'isolamento, al protezionismo e a una politica industriale guidata dagli Stati. Gli Stati come la Svizzera devono impegnarsi in modo mirato per preservare e sviluppare i fattori di localizzazione.

Ciò è particolarmente il caso quando la struttura dei costi è elevata, come spesso accade. Salari elevati (cfr. grafico 11), affitti alti e prezzi elevati degli immobili sono tipici di paesi ricchi e prosperi come la Svizzera. Nel caso della Svizzera, a ciò si aggiunge il fatto che il franco forte rende il nostro paese relativamente costoso. Le piazze concorrenti hanno spesso costi inferiori in questi ambiti.

Tradizionalmente, la Svizzera ha compensato gli svantaggi di costo offrendo alle imprese un onere fiscale moderato. L’imposizione minima dell'OCSE metterà in discussione questo vantaggio. Per le imprese interessate aumenteranno le imposte e quindi i costi. Il Consiglio federale (Messaggio relativo al decreto federale concernente un’imposizione speciale dei grandi gruppi di imprese, pagina 7) afferma: «Per la Confederazione, i Cantoni e i Comuni sono di nuovo in gioco la competitività, i posti di lavoro e il gettito fiscale».

Affinché la Svizzera possa continuare a svolgere un ruolo di primo piano nella competizione internazionale tra piazze economiche e a beneficiare della creazione di valore, di posti di lavoro ben retribuiti e gettiti importanti pagati da un gran numero di imprese attive a livello internazionale, deve, ancor più che in passato, affrontare l'intera gamma di fattori di localizzazione e intraprendere miglioramenti a tutti i livelli.

Grafico 11: La Svizzera è il paese in cui le aziende pagano i salari più alti. Questo è ancora redditizio, poiché il paese è estremamente attrattivo. Ma con l’imposizione minima, i costi fiscali aumentano e uno dei vantaggi della piazza economica viene messo in discussione.

Costo medio della manodopera, all'ora in USD

Federalismo: la ricetta del successo della Svizzera

Una ragione decisiva del successo della Svizzera nella competizione tra piazze economiche è il suo federalismo. La Confederazione determina le condizioni quadro essenziali per l'economia. Ne sono un esempio la stabilità macroeconomica, la politica di sicurezza e alcuni aspetti della sicurezza sociale. Per questi compiti, la Confederazione riceve sostanziali contributi fiscali dalle imprese. Anche gli aspetti regionali e locali svolgono un ruolo importante. In Svizzera, un paese dalle molteplici sfaccettature dovute alla sua geografia, alla sua storia e al suo sistema politico, le condizioni variano notevolmente da Cantone a Cantone. Diversi settori si sono sviluppati come motori economici (Clusters en Suisse, in tedesco) :

  • Ginevra e Zugo sono importanti centri del commercio internazionale,
  • la Svizzera Nordoccidentale è caratterizzata da un’industria farmaceutica e chimica innovativa,
  • Zurigo è una piazza finanziaria di primo piano a livello mondiale,
  • un cluster Medtech e precisione si è esteso su diversi Cantoni dell’Altopiano,
  • la Svizzera romanda è caratterizzata dalla leadership mondiale dell’industria orologiera e dei beni di consumo,
  • a San Gallo e in Ticino, l’industria del tessile e dell’abbigliamento è forte,
  • nel Canton Vaud e nel Canton Sciaffusa, hanno delle radici grandi filiali americane, talvolta da decenni,
  • i Cantoni di montagna hanno fortemente sviluppato l’attività turistica.

I Cantoni e i Comuni con margini di manovra e capacità di azione svolgono un ruolo essenziale per creare buone condizioni quadro. Le grandi competenze nei settori della formazione, delle infrastrutture e della fiscalità costituiscono fattori di sviluppo di primo piano. Era il caso in passato e lo resterà in futuro, nell’interesse globale del paese.

Se sono necessarie misure per compensare gli inconvenienti dell'imposizione minima, è preferibile che siano i Cantoni a prenderle. I Cantoni conoscono le forze e le debolezze della loro economia e possono agire in modo mirato. I Cantoni economicamente forti, che contano numerose imprese attive a livello internazionale, hanno svolto un ruolo considerevole per il benessere della Svizzera. È in particolare dalla loro capacità di reazione che dipenderà la capacità della Svizzera di rimanere una piazza leader e prospera.

Decidendo che i Cantoni possono mantenere il 75% delle entrate dell’imposta supplementare, il Parlamento federale mette a disposizione dei Cantoni i mezzi necessari. Il compito dei Cantoni consisterà nel definire l’utilizzo opportuno dei fondi, sia per la popolazione che per le imprese.

Misure di promozione accettate a livello internazionale

Le misure di promozione non devono essere in contraddizione con le direttive internazionali e devono essere pertinenti sul piano economico. Ad esempio, le misure nel settore della promozione dell’innovazione.

Le attività di ricerca e sviluppo (R&S) delle imprese sono nell'interesse della società nel suo insieme. Le conoscenze create dalla R&S, i nuovi metodi, i prodotti e i processi del futuro costituiscono la base di una crescita sostenibile e di un benessere a lungo termine. Per questo le misure di sostegno dello Stato nell’ambito della R&S sono uno standard in tutto il mondo. Esse sono accettate sotto diverse forme.

La Svizzera è un paese particolarmente innovativo. Si posiziona regolarmente ai primi posti nel Global Innovation Index e nell'European Innovation Scoreboard e dal 2011 è in cima alla classifica annuale dell'Organizzazione mondiale della proprietà Intellettuale. Questo successo è in gran parte dovuto alle attività e agli investimenti del settore privato, che finanzia quasi il 70% degli investimenti in R&S.

Nell’ambito fiscale, la Svizzera dispone attualmente di diversi strumenti per promuovere la R&S. Uno di questi è la deduzione supplementare per le attività innovative. Un altro strumento, il patent box, consente ai Cantoni di ridurre l'onere fiscale sugli utili derivanti dai brevetti. Entrambi gli strumenti sono ampiamente utilizzati a livello internazionale. Per le grandi aziende attive a livello internazionale soggette all’imposizione minima, questi strumenti hanno spesso un effetto minimo o nullo. Lo sgravio fiscale fornito da questi strumenti, che riduce la loro imposizione effettiva al di sotto del 15%, può quindi dare origine a un'imposta supplementare, che annulla completamente o in parte la loro utilità. Per le imprese non soggette all’imposizione minima, ossia tutte le PMI e le imprese che operano su scala puramente nazionale, questi strumenti continuano a essere pienamente efficaci.

Nelle sue regole sull’imposizione minima, l'OCSE prende in considerazione un'altra forma di sostegno alla R&S, ovvero i crediti d'imposta. L'OCSE ha definito condizioni speciali per questi crediti ("Tax Credits"). Pertanto, i crediti d'imposta non possono essere legati alla condizione che un'azienda realizzi un profitto. In caso di perdite prolungate, il credito d'imposta deve essere pagato. Poiché l'OCSE non ritiene che lo strumento del credito d'imposta sia dannoso per l’imposizione minima, è prevedibile che molti Stati prenderanno in considerazione questa forma di promozione della piazza economica. Diversi Stati hanno già familiarità con i crediti d'imposta e continueranno a utilizzare questo strumento.

Discussioni su come reagire all’imposizione minima sono in corso in numerosi Cantoni. Come spiega il Consiglio federale nel suo messaggio (Messaggio relativo al decreto federale concernente un’imposizione speciale dei grandi gruppi di imprese, pagina 26), l'accento viene posto su una promozione della R&S compatibile con le prescrizioni dell’OCSE. Il mantenimento in Svizzera di impieghi a forte valore aggiunto e altamente qualificati, nonché i numerosi effetti positivi sull’economia nazionale che ne derivano, sono in primo piano. È quanto conferma ad esempio il Consiglio di Stato del Canton Basilea Città, particolarmente esposto nell’ambito della R&S (RR BS comunicato stampa del 19.01.2022). Le misure previste tendono a promuovere la collaborazione tra le università, la medicina di punta, le imprese e le start up; si tratta inoltre di aumentare l’attrattività per gli specialisti.

Per i direttori cantonali delle finanze (CDF) sono al centro dell'attenzione le misure nei settori della formazione (università), dell'energia, dell'ambiente e del mercato del lavoro, oltre al settore della R&S (documento di posizione della CDF sulla consultazione del 7.2.2022) Altri possibili campi d'azione sono la digitalizzazione, la promozione delle start up e l'assistenza all'infanzia (relazione della CDF sui risultati della consultazione del 29.6.2022). Il Governo del Canton Zugo cita anche la promozione della compatibilità ambientale e sociale dell'estrazione delle materie prime, l'aumento del potenziale di lavoratori qualificati, la promozione di scuole internazionali e il sostegno agli asili nido o, se necessario, misure nel campo della costruzione di alloggi a pigioni moderate (risposta del Consiglio di Stato del 4.10.2022 all’interpellanza del gruppo UDC).

Le discussioni cantonali si stanno muovendo in molte direzioni. Con la sua decisione sull’imposizione minima, il Parlamento federale ha dato ai Cantoni una certa garanzia di poter disporre dei mezzi necessari per attuare i loro piani. Ma la pianificazione è complicata dal fatto che attualmente vi è una grande incertezza sull'entità delle entrate supplementari (cf. riquadro alla fine del capitolo 3). Questa incertezza persisterà per alcuni anni. Se l'imposizione minima entrerà in vigore per i periodi contabili a partire dal 2024, le imprese saranno imposte secondo le nuove regole solo nel 2026. Ci vorrà quindi un po' di tempo prima di conoscere le prime entrate derivanti dall’imposizione minima. L’evoluzione delle entrate a lungo termine non è affatto chiara.

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Excursus sul Pilastro 1: una risposta alla controversia fiscale sulle società digitali?

L'attuale progetto è già il secondo grande progetto dell'OCSE nel campo dell’imposizone delle imprese. Il progetto precedente, BEPS ("Base Erosion and Profit Shifting"), mirava a combattere la riduzione e il trasferimento degli utili. Soprattutto le aziende digitali statunitensi sono state criticate per aver ridotto artificialmente i loro utili o per averli spostati in località fiscalmente vantaggiose. Il progetto BEPS intendeva cambiare questa situazione. L'obiettivo dichiarato del progetto era quello di garantire che le aziende fossero imposte dove viene creato il valore. Ma nel caso dei gruppi digitali statunitensi, l’imposizione nel luogo di creazione del valore viene messa in discussione. Pascal Saint-Amans, ex direttore del Centro per le politiche fiscali dell'OCSE, afferma: "Prima dei nostri sforzi e della riforma fiscale statunitense, le aziende tecnologiche non pagavano le imposte da nessuna parte, ora le pagano negli Stati Uniti. Ma è ragionevole?"

Naturalmente, nel caso di queste aziende, la maggior parte degli sviluppatori di software, degli ingegneri, degli analisti di dati, dei programmatori e degli addetti al marketing lavora negli Stati Uniti. Soprattutto gli Stati dell'UE ritengono ingiusta l’imposizione nel luogo di creazione del valore, poiché queste aziende generano profitti in tutto il mondo. Gli Stati dell'UE hanno quindi introdotto imposte digitali nazionali (cfr. grafico 6). Dal momento che queste imposte sono applicate in modo isolato e non sono armonizzate a livello internazionale, esiste il rischio di un’imposizione eccessiva o doppia, che può portare a conflitti. In questo caso, le relazioni tra gli Stati Uniti e l'UE sono state effettivamente danneggiate. Per questo motivo, nel 2017 il gruppo delle 20 maggiori potenze economiche mondiali (G20) ha affidato all'OCSE il mandato di trovare una soluzione consensuale a livello globale.

Le sfide particolari della digitalizzazione sono già state discusse nell’ambito del progetto BEPS del 2015 menzionato sopra. Le imposte speciali per l’economia del digitale erano allora considerate come difficili, per non dire impossibili, poiché la digitalizzazione concerne tutta l’economia e non può essere considerata come una caratteristica isolata di un solo settore particolare (OCSE, 2015, p. 142). Nel 2021, dopo diversi anni di negoziati internazionali, circa 140 Stati hanno concordato, nell'ambito del «Inclusive Framework OCSE/G20», di introdurre l’ "imposizione degli Stati di mercato" per le circa 100 aziende più grandi e redditizie del mondo. Secondo le regole di questo Pilastro 1, le aziende con un fatturato globale superiore a 20 miliardi di euro e un margine di profitto superiore al 10% devono pagare le imposte sul 25% dei profitti in eccesso negli Stati di mercato. Per evitare la doppia imposizione, i paesi di residenza devono ridurre i profitti finora imposti. I profitti imponibili del centinaio di aziende più grandi saranno quindi in parte trasferiti dagli Stati di produzione agli Stati di mercato. In cambio, saranno vietate le imposte digitali unilaterali e le aziende interessate saranno protette dalla doppia imposizione e dalla sovraimposizione.

Per la Svizzera, ciò significherebbe ottenere il diritto, nell'ambito del Pilastro 1, di imporre parte dei profitti dei gruppi digitali statunitensi e di altri gruppi esteri di grandi dimensioni (sulla base del loro fatturato in Svizzera). In cambio, gli Stati Uniti e altri Stati otterrebbero il diritto di imporre i profitti dei grandi gruppi svizzeri (sulla base del loro fatturato in quegli Stati). Essendo un mercato di piccole dimensioni, la Svizzera potrebbe beneficiare solo in misura limitata del nuovo diritto d’imposizione del mercato. Al contempo, essendo la sede fiscale principale di alcune delle società più grandi e redditizie del mondo, dovrebbe aspettarsi perdite significative. Secondo le prime stime approssimative, le perdite fiscali nette per la Confederazione e i Cantoni sarebbero dell'ordine di centinaia di milioni.

La condizione preliminare all’adozione del Pilastro 1 è un accordo multilaterale che dovrebbe essere disponibile per la ratifica verso la metà del 2023. L'accordo entrerebbe in vigore unicamente se effettivamente ratificato da una «massa critica» di Stati (OCSE, 2022, p.5). La ratifica da parte degli Stati Uniti, dove si trovano le sedi della maggior parte dei grandi gruppi mondiali in questione, è considerata come molto imperativa. La ratifica da parte degli Stati Uniti rappresenta però un ostacolo politico molto importante. Se l'imposizione da parte dello Stato di mercato non entrasse in vigore, ciò potrebbe rilanciare le imposte sul digitale sospese per il momento nell’UE e altrove. Si teme una recrudescenza dei relativi conflitti commerciali.

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