Tutela giurisdizionale collettiva: confermati i dubbi del Parlamento
La Commissione degli affari giuridici si è finora rifiutata di entrare in materia sul progetto del Consiglio federale di introdurre la tutela giurisdizionale collettiva, tema in discussione da oltre due anni. I motivi erano validi e ora sembra che i dubbi della Commissione fossero giustificati: non meno di tre sviluppi dimostrano quanto sarebbe dannoso a lungo termine introdurre tali strumenti nel nostro sistema giuridico. In questo contesto, è molto positivo che la Commissione giuridica del Consiglio nazionale (CAG-N) continui a rifiutare la proposta del Consiglio federale.
In Svizzera, l'introduzione di strumenti di azione collettiva è in discussione da oltre dieci anni. Negli ultimi due anni, la Commissione giuridica del Consiglio nazionale ha discusso specificamente una bozza di proposta per l'introduzione di un'azione estesa da parte di organizzazioni e di un regolamento di gruppo. Negli ultimi giorni si è nuovamente rifiutata di entrare in materia. Ha invece incaricato l'amministrazione di chiarire come considerare la proposta alla luce della controversa sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) sul ricorso delle Anziane per la protezione del clima. In questo modo, la Commissione giuridica dimostra di prendere sul serio la propria responsabilità politica e di aver individuato i principali rischi associati a questo progetto apparentemente innocuo. Tre sviluppi in particolare confermano che lo scetticismo del legislatore è giustificato.
1. La tutela giurisdizionale collettiva in forte crescita in Europa
Quando si pensa alla tutela giurisdizionale collettiva, si pensa soprattutto agli Stati Uniti. Questo strumento è molto diffuso e un'industria del contenzioso assicura che anche accuse grottesche vengano portate in tribunale. Ma la tutela giurisdizionale collettiva è in aumento anche in Europa. Nell'arco di soli cinque anni, è più che raddoppiata, soprattutto nei paesi in cui le imprese dispongono di notevoli risorse finanziarie, come il Regno Unito e i Paesi Bassi. Si tratta di uno sviluppo allarmante. All'interno dell'UE, la macchina normativa si sta ora scaldando per arginare questi sviluppi negativi. Sono in discussione due atti legislativi: la regolamentazione del finanziamento delle controversie commerciali da parte di terzi e la regolamentazione delle controversie extragiudiziali.
2. Dei sondaggi confermano che le imprese svizzere sono contrarie alla tutela giurisdizionale collettiva
Lo scorso autunno, su richiesta della CAG-N, la Confederazione ha commissionato a Ecoplan un sondaggio per valutare in che misura l'economia sarebbe stata colpita. Purtroppo, il sondaggio si è rivelato di parte, motivo per cui molte imprese lo hanno considerato fazioso. Le imprese potevano esprimersi solo sulla proposta del Consiglio federale e non sulle alternative, il che ha falsato i risultati.
Per questo motivo, l'istituto di ricerca Sotomo ha commissionato a economiesuisse e a Swissholdings un sondaggio su circa 90 esperti di un'ampia gamma di aziende prima delle discussioni parlamentari. L'obiettivo era quello di ottenere una valutazione delle conseguenze di un cambiamento del sistema.
I due sondaggi permettono di trarre delle conclusioni analoghe su vari punti importanti:
- In relazione alla tutela giurisdizionale collettiva, le imprese si aspettano di subire una notevole pressione sui costi. Con più un’impresa ha esperienza in materia di tutela giurisdizionale collettiva, con più è critica nei confronti di questo strumento.
- Le imprese interrogate si oppongono fermamente all’introduzione della tutela giurisdizionale collettiva. Si aspetterebbero infatti un aumento dei procedimenti legali contro le imprese in Svizzera e, di conseguenza, rischi significativi per la reputazione.
- Le imprese che hanno esperienza in materia di tutela giurisdizionale collettiva temono che la pressione sulle imprese aumenti e che accettino troppo rapidamente un accordo anche quando non si sono rese colpevoli di nulla. Gli sviluppi all'estero e l'aumento delle azioni collettive confermano che questi timori sono giustificati.
3. I tribunali si stanno rapidamente politicizzando
L'uso di azioni collettive o di azioni legali generali per perseguire obiettivi politici e influenzare lo sviluppo della legge senza passare per il legislatore non è una novità. Il noto caso della società olandese Shell ne è solo un esempio; ci sono una moltitudine di azioni per il clima rivolte a Stati e imprese in tutto il mondo. Proprio questa settimana, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato la Svizzera per non aver fatto abbastanza per combattere il riscaldamento globale, violando così i diritti umani dei cittadini anziani. L'intero paese è stato messo alla gogna. Data l'ampia copertura mediatica, possiamo supporre che dopo Greenpeace - che ha orchestrato l'azione climatica del Gruppo delle anziane per il clima - molte altre ONG cercheranno di far valere i propri interessi attraverso azioni legali piuttosto che attraverso i diritti democratici delle persone. In questo caso, l'azione collettiva agisce come un acceleratore del fuoco. Si potrebbe anche affermare che un legislatore che autorizza strumenti come la tutela giurisdizionale collettiva rischia di mettere in discussione la pertinenza delle sue decisioni. In caso d’accettazione, lo sviluppo del diritto passerebbe più dai tribunali e non dal Parlamento.
Esiste un'alternativa alla tutela giurisdizionale collettiva
Il sondaggio conclude che la tutela giurisdizionale collettiva è la peggiore scelta possibile per chiunque voglia rafforzare gli strumenti per far valere i danni collettivi. Esistono alternative efficaci e molto migliori, come la mediazione, i mezzi tecnologici o l'ottimizzazione delle azioni legali esistenti. Sarebbe saggio che il Consiglio federale riflettesse su come far progredire questi temi invece di aggrapparsi al suo progetto obsoleto.
Alla luce di questi preoccupanti sviluppi, gli ambienti economici continueranno a fare tutto il possibile affinché vengano individuate le debolezze e, soprattutto, i pericoli del progetto del Consiglio federale. Essi sperano che nella prossima riunione la Commissione riconosca l'inadeguatezza del progetto e lo respinga completamente. In questo modo, si aprirebbe contemporaneamente la strada a strumenti tecnicamente migliori e privi di effetti collaterali dannosi.